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18 febbraio 2015

Il dolore dei sopravvissuti in guerra:


Ci sono due poesie particolarmente espressive scritte da due uomini sopravvissuti alla Prima Guerra Mondiale.
Ve le propongo qui sotto, accompagnate da un commento.
La prima è stata composta da Siegfried Sassoon, poeta inglese nato da una famiglia di religione ebraica, tornato in patria nel 1917, dopo essere stato gravemente ferito.
        
 (S. Sassoon, "Survivors")
Siegfried Sassoon


"No doubt they’ll soon get well; the shock and strain
Have caused their stammering, disconnected talk.
Of course they’re ‘longing to go out again,’—
These boys with old, scared faces, learning to walk.
They’ll soon forget their haunted nights; their cowed
Subjection to the ghosts of friends who died,—
Their dreams that drip with murder; and they’ll be proud
Of glorious war that shatter’d all their pride...
Men who went out to battle, grim and glad;
Children, with eyes that hate you, broken and mad."

"Senza dubbio si riprenderanno presto: la tensione e lo sforzo
hanno causato il loro parlare balbettante e sconnesso.
Naturalmente desiderano partire di nuovo,
questi giovani uomini con vecchie facce spaventate,
mentre imparano di nuovo a camminare.
Presto dimenticheranno le loro notti tormentate, la loro
atterrita soggezione ai fantasmi degli amici che sono morti,
i loro sogni che gocciolano con furia omicida, e saranno fieri
della guerra gloriosa che ha mandato in frantumi il loro orgoglio...
Uomini che sono andati in battaglia risoluti e contenti;
bambini, con occhi che ti odiano, addolorati e impazziti."


Indubbiamente c'é dell'amaro sarcasmo in questi versi. E ci sono anche delle immagini molto forti, capaci di sconvolgere e di inquietare l'animo del lettore. Sassoon descrive il forte trauma subìto dai soldati che hanno combattuto in una guerra che li ha resi incapaci di parlare e di camminare. I sopravvissuti sono pervasi da un forte senso di colpa per essere ancora vivi e sono anche angosciati per il dolore della perdita dei loro compagni ("la loro atterrita soggezione ai fantasmi degli amici che sono morti"). Essi vivono notti tormentate.
La poesia è stata scritta con lo scopo di contestare aspramente le idee di molti politici britannici dell'epoca, favorevoli alla guerra e pieni di orgoglio nazionalista.
I soldati che partono da casa sono giovani uomini orgogliosi e sicuri di sé, ma ritornano traumatizzati, sconvolti, depressi, incapaci di parlare e di camminare (proprio come i bambini molto piccoli) ... e i loro occhi sono pieni di dolore.
Per Sassoon, la parola "guerra" è dunque sinonimo di "regressione".
Egli non è l'unico a coltivare quest'idea della guerra nel corso del Novecento: infatti, nel 1937, l'artista Pablo Picasso realizza uno dei suoi dipinti più famosi: "Guernica", in cui esprime il suo profondo dissenso verso la guerra civile che alla fine degli anni trenta stava devastando la Spagna. Anzi, l'artista denuncia apertamente e coraggiosamente la violenza e la crudeltà delle dittature. In quest'opera, uomini, donne e animali urlano e fuggono, sovrapponendosi gli uni agli altri. Qui tutto è convulsione e dramma: a sinistra una madre stringe tra le braccia il cadavere del figlio ancora bambino e lancia al cielo le sue urla strazianti, mentre al centro della composizione una donna si affaccia a una finestra stringendo una lampada a petrolio, simbolo della regressione non solo psichica e morale ma anche tecnologica.


Credo sia utile accennare il fatto che, nei primi anni quaranta, precisamente nel 1943, nasce in ambito artistico l'Informale, movimento che non ripone alcuna stima nella scienza e nella tecnologia, considerate simboli di morte e di distruzione. Gli artisti informali si prefiggono di raffigurare forme organiche e biologiche primordiali, simili a protozoi, a embrioni e a cellule.

L'altro componimento sul quale vorrei soffermarmi è "San Martino del Carso" di Ungaretti, uno dei miei idoli letterari.

(G.Ungaretti, "San Martino del Carso")

Di queste case
non è rimasto 
San Martino del Carso nel '17
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

E' il mio cuore
il paese più straziato


Breve lirica, ma molto intensa e profonda, che si concentra sull'analogia cuore=paese.
Già nella prima strofa, il poeta presenta l'immagine drammatica di un paese distrutto dalla guerra: l'espressione "brandello di muro" è riferita alle case ma fa pensare anche a dei corpi mutilati, straziati, ridotti a brandelli.  Poi, nei versi successivi, la dolorosa constatazione della perdita di molti amici e conoscenti.
Le croci del cuore suggeriscono l’immagine di un cimitero, però richiamano anche alla morte di Cristo.
L’immagine finale del cuore straziato si ricongiunge a quella iniziale del brandello di muro, chiudendo il componimento in modo circolare, anzi, in un cerchio di dolore.
Ciò che colpisce è proprio il fatto che il poeta paragoni il suo cuore, considerato l'organo più vivo del corpo umano e sede dei sentimenti, a un cimitero luogo di morte.
D'altra parte, l'animo di Ungaretti ospita tutte quelle croci che mancano a San Martino del Carso, paese distrutto dai bombardamenti.

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