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22 luglio 2015

La favola di Eros e Psiche:


La favola di Eros e Psiche costituisce un'ampia digressione all'interno delle Metamorfosi, opera di Lucio Apuleio, letterato vissuto nell'epoca della Roma Imperiale (125-170 d.C.).
Desideravo proprio leggerla sia per poterla conoscere in modo dettagliato sia per poter riflettere sul suo significato.
A. Canova "Amore e Psiche che si abbracciano", 1793
 La vicenda di Eros e Psiche ha ispirato, nel corso dei secoli, molti letterati e artisti italiani.
Ricordo che, all'inizio della quinta liceo la nostra insegnante di storia dell'arte, nel chiarire il senso di alcune opere scultoree appartenenti al periodo del Neoclassicismo (seconda metà del XVIII secolo), ci aveva raccontato la favola di Eros e Psiche, alla quale si era ispirato Antonio Canova per progettare la sua omonima scultura.  Dunque, in questo post esporrò dapprima i contenuti della favola e poi alcune delle possibili interpretazioni.

TRAMA:

"C'erano una volta in una città un re e una regina, che avevano tre bellissime figlie. A dire il vero, le due maggiori, benché decisamente molto carine, pensavano tutti che si potessero lodare in termini umani, ma la bellezza della più giovane era così al di fuori del comune che, per la povertà della nostra lingua, non la si poteva descrivere e nemmeno lodare abbastanza."- il racconto inizia nel più classico dei modi... La straordinaria bellezza della terzogenita Psiche era paragonata a quella di Venere: "... nelle attigue regioni si era diffusa la voce che la dea nata dalle profondità azzurre del mare e nutrita dalla spuma delle onde, concesso il dono della sua divina presenza, si aggirava tra le comunità degli uomini, oppure che da un nuovo seme di stille celesti la terra aveva fatto nascere un'altra Venere (...)" 
Dunque, centinaia di persone affrontavano volentieri lunghissimi viaggi per poter ammirare quella meravigliosa creatura. Fino al punto in cui più nessuno ormai si recava nei santuari dedicati a Venere. Sentendosi molto trascurata allora, la dea aveva deciso di vendicarsi di Psiche e aveva ordinato ad Eros di farla innamorare di un essere mostruoso... ma era accaduto che Eros aveva trafitto il proprio piede con una freccia. E così si era invaghito della giovane ragazza.
Poi il dio, con l'aiuto del vento Zeffiro, l'aveva rapita sulla cima di una rupe e l'aveva trasportata nel suo incantevole palazzo: "Soltanto a vedere l'ingresso ci si accorgeva subito di trovarsi nella reggia sfarzosa ed elegante di un qualche essere divino. L'alto soffitto in legno di cedro e avorio a cassettoni finemente intagliati era sostenuto da colonne d'oro, tutte le pareti erano rivestite d'argento (...) Anche il pavimento a mosaico, con tessere di pietre dure, era diviso in tante porzioni con rappresentazioni di diverso soggetto."
Proprio in questa splendida reggia, Eros "la fece sua": i loro incontri amorosi avvenivano sempre e soltanto di notte, così che Psiche non poteva vedere il volto dell'amato, sebbene anche lei fosse travolta da un'ardente passione per quel marito ignoto.
La felicità dei due amanti era durata per qualche tempo, fino al punto in cui Psiche aveva manifestato ad Eros il suo desiderio di rivedere le due sorelle. Queste ultime erano state trasportate da Zefiro fino alla reggia... ma, piene di invidia verso la sorella più giovane e convinte del fatto che essa fosse diventata la sposa di un semidio, le avevano suggerito di accendere una lampada ad olio per poter vedere il volto dell'amato di notte e di tenere con sé anche un pugnale per poterlo uccidere nel caso si fosse trattato di un essere mostruoso.
Giunta la notte, Psiche, con l'aiuto della lucerna ad olio, contempla lo splendido volto di Eros: "Ammirava la splendida chioma di capelli d'oro intrisa di ambrosia e le ciocche leggiadramente ricciute che scendevano sul collo bianco come il latte e coprivano parte delle guance dal roseo colorito, scintillanti di riflessi così vivi che lo stesso lume della lucerna pareva illanguidito. Sulle spalle del dio alato le penne brillano quanto fiori lucenti freschi di rugiada..."
... Sfortunatamente, una goccia di olio bollente era caduta sulla spalla destra del dio, che improvvisamente si era svegliato ed era fuggito.
Abbandonata e disperata, Psiche aveva deciso di vagare di città in città per poter riconquistare Eros.
Finché non era giunta al Tempio di Venere, la quale, infuriata, l'aveva sottoposta a delle prove difficilissime. Psiche però era stata aiutata da alcuni animali e da elementi naturali quali una canna, un'aquila e un gruppo di operose formiche.
Sempre più furiosa, Venere le aveva proposto un'ultima prova, più ardua delle altre: scendere fino agli Inferi per poter chiedere a Proserpina un po' della sua bellezza. Al ritorno dagli Inferi, presa da un'irresistibile curiosità, Psiche aveva aperto la scatola che conteneva il dono di Proserpina a Venere ed era stata investita da una nuvola di fumo che l'aveva fatta addormentare. "Ma Eros intanto era tornato a star bene, essendosi cicatrizzata la sua ferita, e non riusciva più a sopportare di stare lontano dalla sua Psiche. (...) Volando più in fretta di prima, raggiunse Psiche, le scrollò di dosso il sonno che l'aveva colpita e di nuovo lo ripose con cura dentro la sua scatoletta. Poi la destò senza farle male con una lieve puntura della sua freccia (...)".

 IL FINALE:
Raffaello Sanzio, "Banchetto nuziale per Amore e Psiche", 1540


Alla fine della storia, Giove aveva esaudito il desiderio di Eros; ovvero, aveva fatto in modo che Psiche divenisse una dea e aveva in seguito ordinato di allestire un grande banchetto nuziale.

Da secoli gli studiosi cercano di trovare delle valide interpretazioni per questa favola, nella quale l'intenzione simbolica è consapevole, dal momento che è parte di un'opera più ampia e a sua volta ricca di valenze simboliche e misteriche.


A) L'INTERPRETAZIONE RELIGIOSA:

Innanzitutto, per poter comprendere questa particolare chiave di interpretazione, bisogna specificare che Apuleio era vissuto nel pieno del II secolo d.C., ovvero, in un tempo in cui pochi ormai veneravano gli dei della tradizione e il cristianesimo iniziava inoltre a diffondersi nelle province romane.
Apuleio era probabilmente appartenuto a quella generazione che avvertiva il bisogno di riflettere sulla natura dell'anima umana... Psiche infatti è il termine greco che indica l'anima.
Dunque, attraverso questa favola, l'autore voleva forse proporre una sorta di percorso interiore dell'anima umana, sempre ansiosa di conoscere troppo, mossa da un'irrefrenabile curiosità, disubbidiente ai limiti che la divinità gli impone (e questo ricorda Adamo ed Eva nei primi capitoli della Genesi). L'animo umano viola i limiti, dunque subisce una punizione che comporta la sofferenza, il travaglio e l'espiazione della colpa. E' un percorso che comporta dunque tre grandi tappe: la curiositas iniziale, il dolore e il riscatto. O meglio, si potrebbe affermare che il dolore è il mezzo e la condizione di un riscatto.


B) L'INTERPRETAZIONE PSICANALITICA:

Questa mi piace ancora di più! Però è decisamente più complessa...

L'anima è l'archetipo della vita stessa, è principio dell'Eros ed esiste per relazionarsi con altri archetipi. Questo racconto illustra un processo che, attraverso la conquista di una percezione della propria unica realtà psicologica, conduce all'esperienza di sé come centro regolatore della psiche. Inizialmente, fra due innamorati esiste una sorta di "congiunzione mistica", alimentata dal mistero e dalla forza della passione che li unisce. Non è un caso però che l'unione avvenga durante la notte: ciò sta ad indicare che gli amanti consumano la loro furente passione senza il controllo della coscienza. Ma quando la coscienza invade la relazione (in questo caso, la coscienza è simboleggiata dalla lucerna ad olio), allora c'é dolore e separazione. Però, dal momento che la coscienza è una parte della psiche, la separazione e tutti i travagli che essa comporta sono necessari per poter accedere ad una conoscenza più profonda di se stessi, in modo tale da acquisire la capacità di "amare profondamente l'altro da sé".





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