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21 ottobre 2015

Dante, l'incredibile ricchezza dei messaggi racchiusi nelle sue opere:


L'Università è ricominciata alla grande! Circa due settimane fa, ho partecipato ad un convegno internazionale organizzato dalla mia università e dedicato proprio al Sommo Poeta.
Il ciclo di conferenze è durato tre giorni; è stato molto impegnativo ma al contempo molto illuminante e interessante!
E' stata un'opportunità che mi ha permesso sia di approfondire delle notizie sulla biografia e sulle opere di Dante, sia di conoscere l'approccio che i critici letterari e altri autori italiani dei secoli successivi hanno avuto con la "Commedia" .
Ad ogni modo, non ho intenzione di scrivere qui il riassunto delle conferenze. Mi è venuta in mente un'idea carina; un'idea che, a mio avviso, verrebbe soltanto ad una brava insegnante di italiano: proporvi un sonetto piacevole e spiegarlo in modo tale da farvi apprezzare le tematiche evocate.


 RIME, LII (52):

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vascel, ch’ad ogni vento
per mare andasse col voler nostro e mio,

sì che fortuna od altro tempo rio  
non ci potesse dare impedimento, anzi, 
vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi  
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.


Prima di commentarlo, lo contestualizzo.
Dunque, è utile tenere presente che, pochi anni prima dell'esilio, Dante aveva dedicato parte della sua attività letteraria alla composizione di sonetti che appartengono ai generi erotico e realistico-giocoso.
Dante era un poeta molto versatile, dal momento che nel corso della sua esistenza aveva sperimentato vari stili e registri linguistici.
La "Vita Nuova" è stata scritta tra il 1292 e il 1294 e si tratta di un prosimetro, ovvero, di un'opera in cui vengono raccolte alcune liriche e in cui, le parti prosastiche hanno soprattutto un "ruolo di servizio", nel senso che fungono spesso da commenti.
Le "Rime" invece, una cinquantina in totale, sono state raccolte in un codice e comprendono poesie non riconducibili ad un unico genere: ci sono poesie di stampo stilnovistico, rime realistico-giocose, rime comiche e anche "Rime petrose", che prendono il nome dall'espressione "bella petra" con cui il poeta menziona una donna dura e insensibile all'amore.

 In questo sonetto, Dante sembra simulare un discorso diretto in modo tale da rendere partecipe l'amico Guido Cavalcanti (poeta stilnovista) di una strabiliante fantasticheria dal carattere quasi soprannaturale. L'autore infatti immagina se stesso, Guido e Lapo Gianni (altro stilnovista) rapiti per incantesimo "presi per incantamento" e posti, in compagnia delle donne amate (Monna Vanna e Monna Lagia) su un'imbarcazione che si muove soltanto se è guidata dalla volontà dei passeggeri.
Dante dunque sogna una sorta di eterno presente, nel quale può godere del dialogo con le persone amate, la cui vicinanza gli dà indubbiamente un senso di sicurezza. La barca che oscilla pian piano tra le calme acque del mare suggerisce un senso di quiete e di serenità.

Ad ogni modo, Dante qui tenta di descrivere una felice situazione irreale; d'altra parte, non lo sfiora minimamente il pensiero che un temporale, un maremoto o una pioggia battente possano sconvolgere la felicità dei passeggeri sulla barca!
Da notare comunque che l'avverbio "sempre" è ripetuto due volte: al verso 7 e al verso 12.
Probabilmente, il Sommo Poeta recupera un aspetto tipico della tradizione arturiana, in cui il Mago Merlino crea una barca capace di viaggiare per mare senza timoniere.

I due personaggi menzionati da Dante (tra l'altro, la scelta di aprire il componimento con i nomi degli amici è un espediente funzionale a catturare l'attenzione del lettore) sono poeti dediti soprattutto a componimenti di argomento amoroso e il poetare è la loro principale attività quotidiana. E anche questo è un aspetto significativo, perché probabilmente l'autore immagina una "piccola civiltà delle lettere" fondata sull'amore e sulla complicità tra i veri membri.

Sapete che rimando si potrebbe fare in storia dell'arte? Alla "Grenoiullère" di Renoir, dipinto nel 1869.



 Eccolo qui. Renoir ha raffigurato l'isolotto di Croissy, situato nel mezzo della Senna, collegato alla terraferma da un ponte e attrezzato con un ristorante all'aperto sullo zatterone a destra.
Qui il pittore è molto sensibile alle presenze umane, che, nonostante siano state tratteggiate con veloci pennellate, appaiono ben definite.
L'acqua è colorata dai frammentati riflessi della vegetazione. La vivacità della gradazione del verde, l'isolotto gremito di persone, i bagnanti raffigurati all'estrema sinistra e le placide acque del fiume conferiscono una sensazione di gioiosa serenità all'opera. Anche qui, una piccola comunità (costituita, precisiamolo, da membri dell'alta borghesia) si riunisce in uno dei punti più suggestivi della Senna. Le persone sembrano chiacchierare piacevolmente sotto la tenue ombra di un albero.
Questo per constatare che, sia nel componimento di Dante, sia nel dipinto di Renoir sono presenti i temi della gioia, della serenità, della condivisione di un lungo momento presente con delle persone amiche, della natura che, calma e armoniosa in entrambi i casi, alimenta un clima di solidarietà.

E voi?? Semmai vi capitasse di immaginare una situazione irreale come quella evocata da Dante nel suo sonetto, a quale ambiente pensereste? E con chi vi piacerebbe condividere quest'esperienza?
Quel che voglio dire è questo: sognereste anche voi di trovarvi su una barca immobile in mezzo al mare con le persone che vi stanno più a cuore?
Io no, io sono un po' più aristocratica di Dante! :-)  Infatti, per me l'ambientazione ideale sarebbe un castello dalle mura d'argento, posto in cima ad una collina e circondato da un grande giardino con olivi, viti e altri alberi da frutto.
E dedicherei la maggior parte delle giornate a passeggiare nel giardino, a leggere e a scrivere ciò che di bello e di significativo mi passa per la testa. Idilliaco, oltremodo idilliaco tutto ciò.
Però non starei da sola...

Capite come talvolta Dante può risultare piacevole? 
Certo, in alcuni passi della "Commedia" appare, agli occhi degli uomini del Terzo Millennio, piuttosto rigido e bacchettone, come quando, nel IV canto dell'Inferno, colloca nel Limbo i non battezzati o i credenti in altre religioni (è vero, queste anime non sono istigate da alcun demone ma non potranno mai godere della visione di Dio, anche se in vita si sono comportate rettamente), oppure quando, nel XIII canto dell'Inferno descrive la selva dei suicidi (tutti coloro che si sono suicidati  vengono trasformati in piante dai rami nodosi le cui foglie sono mangiate dalle arpìe), oppure quando, nel XV canto dell'Inferno, gli omosessuali sono costretti a camminare sotto una pioggia di lingue di fuoco (in quanto considerati dei "violenti contro la natura"). Che volete farci, era un medievale, un letterato figlio del suo tempo.

Ma Dante è anche e soprattutto un poeta che si è impegnato a esporre e a chiarire tematiche filosofiche e teologiche che ancor oggi sono di grande rilievo, come per esempio la questione del libero arbitrio esposta nel XVI canto del Purgatorio ed espressa da Marco Lombardo (collocato nella cornice degli iracondi), il tema della Trinità Divina che regola gli astri mediante le intelligenze angeliche nel X canto del Paradiso e lo splendore delle anime beate dopo la risurrezione dei corpi nel XIV canto del Paradiso.

Senza contare che anche le "Rime" di Dante potrebbero ricordarci delle situazioni, delle sensazioni e dei sentimenti che abbiamo vissuto. Il sonetto che ho analizzato in questo post era nato sicuramente dal desiderio di un poeta vissuto circa settecento anni fa di evadere dalla realtà. E tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo desiderato evadere dalla realtà e abbiamo immaginato di trovarci in una felice situazione irreale con le persone a noi più care.



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