Visualizzazioni totali

31 ottobre 2015

Il giovanissimo José Sanchez del Rio ha lasciato un segno profondo nella storia:

Questo post vorrei dedicarlo a un ragazzino eccezionale che è ora considerato un valido modello di vita cristiana. Racconto qui sotto gli episodi più salienti della sua breve ma autentica vita, perché ci terrei proprio a farvelo conoscere!

JOSE' SANCHEZ DEL RIO:

José Sanchez del Rio nacque il 28 marzo 1913 a Sahuayo in Messico, da una famiglia benestante che tuttavia non si vantava mai delle sue ricchezze. José era il terzo di quattro fratelli. Andava molto bene a scuola, gli piacevano i cavalli, era benvoluto dai suoi coetanei perché era di ottimo carattere: sorridente, semplice, sincero, gentile e molto affettuoso con la madre. Inoltre, sin da piccolo, José si impegnò a coltivare la sua sensibilità religiosa: pregava con il rosario tutti i giorni. All'età di dieci anni, questo straordinario bambino svolgeva già una sorta di "apostolato" tra i suoi amici, dal momento che insegnava loro a pregare e spesso li accompagnava in chiesa per adorare l’Eucaristia.
Purtroppo José visse in un periodo storico molto difficile per il Messico: nel 1925 salì al potere il presidente anticlericale Plutarco Elias Calles, il quale emanò leggi mirate a cancellare la cultura cattolica della maggioranza della popolazione: la chiusura dei seminari e delle scuole cattoliche, l'esproprio delle chiese, lo scioglimento degli ordini religiosi e il divieto ai sacerdoti di celebrare la Messa. In seguito all'applicazione di queste leggi, si registrarono in tutto il Paese attacchi ai fedeli che uscivano da Messa e disordini durante le processioni religiose, spesso incitati dalle autorità civili.
Nel 1926 scoppiò la "Guerra Cristera". José, sebbene avesse soltanto 13 anni e sebbene sua madre fosse contraria, decise di arruolarsi a fianco dei "cristeros", forze militari che cercavano di contrastare il governo di Calles al fine di ripristinare la libertà religiosa. Entrato nell'esercito del generale Luis Guizar Morfin, gli fu concesso di portare lo stendardo di guerra, motivo per cui i cristeros lo soprannominarono "Tarcisius", proprio come il primo santo cristiano martirizzato nel tentativo di proteggere l'Eucaristia dalla profanazione.
Durante una violenta battaglia, il 6 febbraio 1928, il cavallo del generale Morfin venne ucciso a colpi di fucile. Volontariamente, José gli cedette il suo in modo tale da permettergli di ritirarsi, dichiarando: 
"Mio generale, prenda il mio cavallo e si salvi: lei è più necessario di me alla causa". Poi José, con il fucile in mano, coprì le spalle al suo Generale e sparò contro l'esercito federale del governo, finché non gli finirono i colpi.  
Alla fine della battaglia, le truppe federali riescono facilmente a catturare il ragazzino disarmato e lo rinchiudono nel battistero della chiesa di Sahuayo, ridotta a stalla e a carcere per i prigionieri cristeros.  
Rafael Picazo, funzionario che ebbe in custodia José, gli propose alcune alternative che avrebbero potuto salvarlo dalla condanna a morte: accettare di essere mandato all'accademia militare oppure continuare gli studi negli Stati Uniti. Il ragazzino però rifiutò entrambe le proposte. "Preferisco morire invece di tradire Cristo e la mia patria", diceva.
Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio egli scrisse una lettera alla madre, della quale riporto alcune parti in traduzione italiana:
«Mia cara mamma: sono stato preso prigioniero in combattimento quest'oggi. Penso al momento in cui andrò a morire; ma non è importante, mamma. Ti devi rimettere alla volontà di Dio; muoio contento perché sto morendo al fianco di Nostro Signore. Non ti preoccupare per la mia morte, che è ciò che più mi addolora. 
Devi dire agli altri miei fratelli di seguire l'esempio del più piccolo; così farai la volontà del nostro Dio. Abbi forza e inviami la tua benedizione insieme a mio padre. Salutami tutti per l'ultima volta e ricevete il cuore di vostro figlio che vi ama entrambi e avrebbe voluto vedervi prima di morire».
Nei giorni di prigionia, José venne barbaramente torturato. La mattina del 10 febbraio, dopo che gli vennero scuoiate le piante dei piedi, fu costretto dai soldati a raggiungere a piedi il cimitero. Lì, posto davanti alla fossa in cui sarebbe stato sepolto, venne pugnalato dai soldati. Ad ogni pugnalata gridava: "Viva Cristo re!"; fino al punto in cui uno dei militari, innervosito da questo fermo e risoluto grido di fede, gli sparò con la sua pistola. Pochi secondi prima di morire e di essere gettato nella fossa, José riuscì a tracciare una croce sul terreno con il suo sangue.
La memoria del "bambino eroe, soldato e martire" è rimasta sempre molto viva in Messico. D'altra parte, una persona che in vita è stata benvoluta e amata, non muore mai per davvero, perché il suo ricordo è molto vivo nel cuore delle persone che hanno avuto il piacere e la fortuna di conoscerla. Credo che José Sanchez del Rio abbia lasciato un segno profondo nella storia del cristianesimo.
Questo splendido bambino è stato beatificato l'11 ottobre 2005 da papa Giovanni Paolo II.



La storia di José è narrata anche in "Cristiada", opera dedicata proprio alla 
Guerra Cristera (1926-1929).
"Cristiada" è un film molto fedele alla realtà storica, forse anche troppo. L'ho visto più di un mese fa ma ne ho ancora un ricordo molto lucido, come se lo avessi visto ieri. 

D'altronde, la figura di José è davvero molto attraente e, a mio avviso, anche molto eloquente. Di bambini come José ne nascono uno ogni centomila.
Il ragazzino provava un amore appassionato per Cristo. Un signore messicano sopravvissuto alla Guerra Cristera, che all'epoca dei fatti era poco più giovane di José, ha raccontato: "Gesù Cristo fu sempre un grande amico per José, il migliore amico, il suo compagno di avventure e di combattimento. Conversava con Lui in ogni momento del giorno, in modo più naturale di quanto lo facesse con i suoi amici. Gli raccontava i suoi problemi e le sue difficoltà, ma gli piaceva anche trascorrere con Lui i momenti allegri, festeggiare un buon voto a scuola o la vittoria in una partita. Facevano tutto insieme. La fedeltà a questa amicizia, tuttavia, gli costò sangue: pronunciò infatti il nome di Gesù con il proprio martirio."





E' davvero straordinario e ammirevole da parte di una persona così giovane (alle soglie dell'adolescenza!) una così ferrea volontà di trasmettere Cristo, di annunciarlo e di testimoniarlo non soltanto ai suoi genitori, ai suoi fratelli e ai suoi amici ma addirittura anche ai suoi stessi carnefici. Durante la sua prigionia, lo tentarono con ogni tipo di promesse e di ricatti al solo scopo di fargli rinnegare invano la propria fede. 
Insomma, nulla e nessuno potevano convincerlo a tradire la propria coscienza e la propria fedeltà e amore a Cristo. José è stato indubbiamente un cristiano coerente e fervoroso al punto tale che era riuscito a realizzare il suo desiderio di contribuire in modo concreto per difendere la Chiesa, nonostante la sua fanciullezza.
"Non è mai stato così facile guadagnarsi il cielo" disse a sua madre, dopo che lei gli aveva chiesto il motivo per cui voleva andare a combattere con i cristeros.
Nelle lunghe notti della sua prigionia, per consolarsi e vincere la paura, gli piaceva cantare: "In cielo, in cielo voglio andare!".
José era profondamente convinto del fatto che valesse la pena affrontare anche i sacrifici e le sofferenze più tremende per poter godere di Dio per tutta l’eternità. Egli era disposto a morire per la sua fede e, quello che talvolta mi fa piangere, è proprio il fatto che gli sono bastati soltanto 13 anni per vivere la propria esistenza in modo autentico. Questo pensiero mi riempie di emozioni molto forti, che non saprei descrivere in modo chiaro con le parole. 

Per favore, non dite che José era un fanatico! Alcune persone molto sensibili e rare arrivano a sacrificare la propria vita a causa della loro fede e lo fanno con gioia. Per questo divengono eroi agli occhi delle comunità. Molte altre, nella loro vita quotidiana, si impegnano a testimoniare la fede cristiana in modo semplice e poco vistoso. 

Non voglio spendere molte parole per parlare della cattiveria dei soldati che hanno ucciso José. A volte ho l'impressione che la malvagità di certi uomini non abbia limiti, perché non si fermano nemmeno di fronte all'innocenza e alla purezza di un bambino.




Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.