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6 novembre 2015

Pascoli, "Novembre":

Dopo un'estate così torrida e afosa come quella di quest'anno, ci si aspetterebbe un autunno freddo e piovoso... In realtà, almeno dalle mie parti, stiamo respirando l'aria di un autunno molto mite e soleggiato! In teoria dovremmo essere in un periodo di transizione tra autunno e inverno, ma finora dobbiamo constatare che le temperature del novembre 2015 sono simili a quelle di settembre! 
Il 2015 me lo ricorderò come "l'anno del sole".
In questi giorni mi ritorna spesso alla mente una famosa poesia di Pascoli. 
Ve la propongo, anche perché é dedicata al penultimo mese dell'anno.

NOVEMBRE:

Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
                          senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
                                sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate,
                              fredda, dei morti. 





In questa poesia, dall'andamento paratattico, ciò che a mio avviso cattura l'attenzione del lettore è innanzitutto il fatto che nell'aggettivo "gemmea" sia condensata una metafora suggestiva: l'aria appare agli occhi di Pascoli tersa come una gemma. La descrizione degli effetti che quella serena giornata autunnale ha sull'immaginazione del poeta prosegue nei versi successivi della prima strofa: il cielo è così limpido che fa pensare alla primavera; in particolare, al mese di aprile, ovvero quando il "prunalbo"="biancospino" fiorisce e quando tutti gli alberi da frutto, come ad esempio gli albicocchi, fioriscono rivelando al Creato tutta la loro bellezza.
E' importante tuttavia soffermarsi sull'ultimo verso: l'animo dell'autore sente il profumo dei fiori. E ecco qui che compare un motivo caro a Pascoli: l'auscultazione degli elementi naturali. Nell'ascoltare "i battiti del cuore della Natura", egli cerca di mettersi in sintonia con il Creato e di intuire negli oggetti un significato simbolico che lo aiuti a praticare la capacità dell'introspezione.

La seconda strofa rompe l'incanto con un "ma", una congiunzione avversativa che riporta il poeta alla realtà e che dunque segna una netta linea di separazione tra il reale e il fittizio. Inutile qui non ricordare anche "L'Infinito" di Leopardi, di cui riporto soltanto i primi otto versi:

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. (...)"


In Leopardi, la profonda differenza tra realtà e immaginazione è contrassegnata in modo chiaro da un "ma"
Nei primi tre versi, il grande intellettuale marchigiano illustra un contesto reale: il colle solitario e la siepe che copre l'orizzonte e gli impedisce di vedere ciò che è lontano. 
Subito dopo però, egli immagina "interminati spazi", "sovrumani silenzi" e "profondissima quiete".
Successivamente però, come tutti sappiamo, il soffio del vento che muove i rami degli alberi riporta il poeta alla realtà del tempo presente.

Tornando a Pascoli, è utile rilevare che all'interno della seconda strofa vi sono delle esplicite allusioni alla morte: "stecchite piante", "nere trame". Come se si fosse risvegliato da un piacevole sogno, egli si accorge che in realtà gli alberi sono spogli: i loro rami si stagliano nel cielo che è vuoto perché non si vedono rondini o altri tipi di uccelli che lo attraversano. E la terra si addormenta, in attesa di una nuova primavera.

Nella terza strofa, prevale un tono malinconico, struggente. Il fresco vento autunnale fa cadere dagli alberi le ultime foglie che si posano, silenziose e delicate, sul terreno. In effetti, è molto efficace la sinestesia "cader fragile", dove il verbo è legato alla vista e l'aggettivo al tatto. 
Le composizioni di Pascoli sono piene di sinestesie, figure retoriche ingegnose in cui il poeta accosta in un'unica espressione due elementi che appartengono a sensi diversi.
E, per concludere, il famoso ossimoro "estate fredda" condensa il contenuto della poesia: il tempo è sereno e soleggiato proprio come di solito lo è in primavera e in estate, ma l'aria è molto fresca, dal momento che la poesia è ambientata in autunno inoltrato. 
E teniamo presente anche che la giornata del 2 novembre è dedicata alla Commemorazione dei Defunti.
 


 

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