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26 dicembre 2017

"Il vecchio violino":


E' soltanto il 26 dicembre, saremmo nel pieno periodo liturgico considerato "tempo di Natale" ma nei centri commerciali stanno già sparendo le merci natalizie che fino a due giorni fa erano ben esposte e visibili su banconi e scaffali. 
Che tristezza e che schifo! 
L'atmosfera natalizia secondo l'ottica commerciale inizia a metà novembre e finisce la mattina del 26 dicembre.
E io cerco di ravvivare lo spirito del Natale con un post piuttosto piacevole, costituito da tre parti.

1) IL RACCONTO:

(L'inverno che si percepisce come il più freddo non è necessariamente il gelo più difficile da sopportare. Quello più difficile spesso viene con il nevischio freddo, che arriva insieme al vento da nord, batte senza sosta e trasforma la neve già caduta in ghiaccio.
Era una vigilia di Natale come questa che una povera vedova si trovava sulla strada vicino alla chiesa, suonando il suo vecchio violino. Aveva messo un panno sulla neve nella speranza che le famiglie che uscivano di fretta dalla chiesa gettassero delle monete in cambio della sua musica.
Le melodie che eseguì le riportarono alla memoria i giorni felici: i festeggiamenti per il suo matrimonio, molti anni prima, la festa sotto la luna piena con gli altri lavoratori, il Natale in cui il ricco agricoltore del paese invitò tutti a una grande festa nella sua villa, dove nel camino crepitava la legna, le candele illuminavano la stanza e lei mangiava usando posate d'argento e bevendo da un bicchiere di cristallo.
Quei giorni erano finiti. Non conosceva più nessuno degli abitanti del villaggio, che cercavano di non incrociare il loro sguardo con il suo mentre uscivano dalla chiesa stretti nei loro cappotti caldi. Solo un bambino si fermò ad ascoltare la musica, poi tolse i guanti rossi, frugò nelle tasche e gettò qualche moneta sul panno.
Quando la folla se ne fu andata, la donna mise via il violino e raccolse quel poco che aveva guadagnato. La porta della chiesa era ancora aperta e voleva entrare per vedere il piccolo presepe di legno. Le figure intagliate erano le stesse che conosceva da sempre, Maria, con il suo sorriso gentile, un pastore che somigliava tanto a suo marito, i re magi che portavano doni, dipinti di rosso e oro,
Addentrandosi nella chiesa, si trovò davanti al piatto delle offerte, pieno di monete d'argento. Allungò la mano per donare le poche monete che aveva.
Sapeva che il denaro sarebbe stato speso bene e voleva essere generosa.
Poi si fermò davanti al presepe e suonò una ninna nanna con il violino.
Proprio mentre stava uscendo dalla chiesa, uno sconosciuto corse dentro, spinse la vedova, afferrò il piatto con le offerte e scappò via.
La donna giaceva sulla neve, priva di sensi. Il cielo del pomeriggio si stava annerendo, e nuvole scure si abbattevano sulla tragica scena.
Poi si udì una voce di donna, ferma ma gentile.
"Andiamo, non c'è motivo per stare fermi. Ascolta, io prendo il bambino e tu Giuseppe, prendi la coperta che abbiamo messo nella mangiatoia. Per favore, pastori, voi occupatevi dei lavori pesanti, prendete l'asino e fatelo accucciare accanto a quella povera donna, provate a caricarla sulla schiena della bestiola. Re magi, vi ringraziamo per i doni, ma possiamo scambiarli con del cibo?
E infine: Angelo Gabriele, sono sicura che potrai indicarci la strada per raggiungere la casa di questa povera donna."
Era forse una fortuna che tutti quelli che erano stati in chiesa erano ormai al sicuro nelle loro case, perché non avrebbero saputo cosa pensare se avessero assistito a ciò che stava accadendo. Le figure del presepe avevano preso vita e stavano aiutando la povera vedova a trascorrere il Natale al caldo e al sicuro.
Il piccolo gruppo camminò per le strade fino a un sentiero che conduceva ai campi. I re magi si fermarono in una bottega, e furono così convincenti da riuscire a scambiare i loro doni con dei sacchi pieni di cibarie.
Poi, con l'angelo che teneva alta la lanterna di Giuseppe, il gruppo trovò la casetta della donna, nascosta dagli alberi. La portarono dentro, la adagiarono sul letto e la coprirono per bene.
I pastori uscirono a raccogliere la legna per poter accendere la stufa, mentre Maria mise il bambino in una cesta prima di mettersi al lavoro per preparare una festa di Natale.
I re magi frugarono nelle loro tasche per raccogliere il resto che era stato dato loro nel negozio e cominciarono a discutere su quale dei barattoli vuoti presenti nella dispensa fosse il più adatto a contenere dei soldi.
Giuseppe aprì la borsa degli attrezzi e cominciò ad aggiustare il violino, mentre l'angelo Gabriele lo accordava.
Quando fu tutto pronto, Maria rimboccò le coperte alla donna e la baciò sulla fronte.
"Dobbiamo tornare in chiesa, ci aspettano tutti lì a mezzanotte.", sussurrò.
La gente riunita in chiesa a mezzanotte non notò nulla di strano, tranne la mancanza dei soldi delle offerte.
La mattina di Natale, il sole si affacciò sul cielo limpido. La donna si svegliò con il profumo del pane caldo appena sfornato e il profumo di carne che ribolliva in pentola.
"Santo cielo! Come è potuta accadere una cosa simile?", esclamò.
Si strinse nella coperta e sul viso le si disegnò un sorriso riconoscente.
Poi prese il violino e cominciò a suonare la sua canzone di Natale preferita.)




2) DOMANDE COME SPUNTI DI RIFLESSIONE:

Ho pensato a delle domande che potrebbero fungere da spunti di riflessione per voi e per me.
Ma non soltanto sulla festività del Natale, anche sulla propria esistenza e suoi propri ricordi.
In certi casi ho anche riportato delle citazioni dal racconto, per contestualizzare meglio le richieste.

1)"Le melodie che eseguì le riportarono alla memoria i giorni felici: i festeggiamenti per il suo matrimonio, molti anni prima, la festa sotto la luna piena con gli altri lavoratori, il Natale in cui il ricco agricoltore del paese invitò tutti a una grande festa nella sua villa, dove nel camino crepitava la legna, le candele illuminavano la stanza e lei mangiava usando posate d'argento e bevendo da un bicchiere di cristallo."
Vi è mai capitato di ascoltare una canzone capace di farvi ricordare i momenti più felici della vostra vita?
Per quel che riguarda me, c'è una canzone di Ronan Keating, intitolata "When you say nothing at all", che mi induce volentieri a ripercorrere le tappe più piacevoli della mia infanzia: i giochi con gli amici, le belle feste con tutti i parenti, le squisite torte della nonna, tutto l'impegno che quegli ex allievi di mia mamma che ho già menzionato nel giorno del mio ultimo compleanno hanno investito per farmi stare bene in un periodo in cui nutrivo grandi insicurezze e paure di bambina.
La melodia e anche le parole di questo brano sono davvero dolcissime.
Ah, e poi l'ultimo brano di Alvaro Soler, "Yo con tigo, tu con migo" mi fa il grandioso effetto di richiamare alla mente tutte quelle volte in cui sono stata apprezzata e lodata dai miei docenti universitari in questi anni accademici. Ma non soltanto ogni volta che prendo 28 o 30L. 
Penso ad un convegno (svoltosi nell'ottobre 2015) relativo a Dante, in cui molti illustri italianisti esponevano i risultati dei loro studi filologici sulla Divina Commedia.
Vincendo la timidezza, sono riuscita a paragonare, tramite alzata di mano e a voce alta, Dante con alcuni poeti siciliani del Duecento. Aggiungo solo questo: lodi e complimenti per tutta la durata del convegno, cioè per tre giorni di seguito! E io, tutta modestina: "Grazie, grazie... E' che la letteratura mi piace moltissimo!"
La canzone di Alvaro è talmente piena di vivacità e di gioia che inevitabilmente mi ravviva l'entusiasmo per ciò che studio.

2) Quali sentimenti provate quando vi trovate di fronte ad un presepe? Quali pensieri vi vengono alla mente?

Sin da piccola, provo meraviglia. Meraviglia e ammirazione nei confronti di un Dio che si è fatto uomo, da tanto che ci ha amati.

3) In questo racconto traspaiono molti gesti di generosità: prima il bambino che mette alcune monete nel piatto della donna, poi la protagonista stessa che le ripone tra le offerte destinate ai poveri e infine, il presepe della chiesa che prende vita, grazie al buon cuore di Maria.
Pensate a ciò che di buono c'è in voi... Quando vi siete sentiti sensibili come il bambino? Quando avete condiviso quel poco che potevate dare? Quando vi siete dimostrati operosi e solidali come i personaggi del presepe animato?

Per me è facile rispondere soprattutto alla terza domanda: in quest'ultimo periodo mi sto dimostrando operosa, attiva e piena di entusiasmo per i servizi di volontariato che svolgo nel mio paese, perché ci tengo molto a rendermi utile e perché spero, già ora da viva, di lasciare "un segno" nel cuore delle persone con le quali vengo a contatto. Intendiamoci, non è che io sia perennemente preoccupata per ciò che gli altri pensano di me, è che ci tengo a dare la migliore immagine di me.
Potrei paragonare me stessa al bambino che fa l'offerta alla povera suonatrice tutte le volte in cui ho riconosciuto le doti e i talenti delle persone che amo e che mi amano. 
E mi viene in mente quando, cinque anni fa, ero seduta sul divano del salotto della casa dei miei zii che vivono a Ronco all'Adige. Con me c'era mio cugino che in quel periodo, poverino, era più distrutto di me a causa della morte di nostro nonno.
Mi stava facendo vedere la pagellina di metà pentamestre: molti voti erano decisamente alti. 
Caro Chicco! (è così che lo chiamo abbastanza spesso, molto affettuosamente) Ha esattamente la mia età, è diplomato geometra e si sta laureando in Architettura.
Mi ricordo che quando gli ho detto: "Però, vai decisamente bene! Anche in italiano scritto vedo che rispetto agli anni scorsi sei migliorato!", i suoi occhi sono diventati un pochino lucidi.
Mi ricordo che in quel periodo gli sono stata vicina più che potevo, perché stava anche peggio di me e quello della nostra terza superiore è stato un anno in cui gli adulti che ci circondavano, angosciati prima per la malattia, poi per la scomparsa del nonno, non avevano molto tempo per poterci "seguire" scolasticamente. 

4) La mattina di Natale, il sole si affacciò sul cielo limpido. La donna si svegliò con il profumo del pane caldo appena sfornato e il profumo di carne che ribolliva in pentola.
"Santo cielo! Come è potuta accadere una cosa simile?", esclamò.
Si strinse nella coperta e sul viso le si disegnò un sorriso riconoscente.
Pensate a tutte le volte che avete provato sincera riconoscenza verso le persone che vi hanno fatto del bene o, più semplicemente, vi hanno fatto trovare la colazione e i pasti pronti. Siete mai riusciti a dimostrarla per davvero questa gratitudine?
Quanti grazie dovrei dire io a mia madre già solo per questo? Ho perso il conto!


 3) CANTO DI NATALE ALLA CHITARRA:

"Siamo venuti per adorarti", canto principale eseguito durante la veglia vicariale di Villafranca del 24 dicembre 2008, celebrazione dedicata esclusivamente all'annata '95 di alcuni paesi del veronese.






19 dicembre 2017

Umiltà e infinito in "Città vecchia":


Stavo per finire la quinta liceo quando ho letto questo componimento di un grandioso poeta triestino che ho già citato nella recensione del film "Basta guardare il cielo".
La Trieste degli anni Dieci

CITTÀ VECCHIA, UMBERTO SABA:

Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un’oscura via di città vecchia. Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va dall’osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di mare, io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita d’amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via.

Dunque, innanzitutto, per città vecchia si intende il centro storico di Trieste, zona in cui il poeta aveva dimorato per diversi anni prima del matrimonio.
Nella prima strofa sono presenti delle parole che delineano alcuni tratti della zona e del momento in cui Saba la percorre: ci sono delle pozzanghere, quindi si potrebbe benissimo immaginare una giornata autunnale o di inizio di primavera in cui le nuvole, dopo aver riversato la pioggia sui terreni, si lasciano attraversare da tenui raggi di sole. La strada appare gremita di persone. E i fanali?
Tenete presente che questa poesia è stata scritta più di cent'anni fa. Nel 1910, anche nelle città dal Nord Italia, era molto raro vedere qualche automobile che percorreva le strade di una città.
Pensate soltanto che in "Luci della città", film di Chaplin del 1931 il possesso di un'automobile era considerato esclusivamente un privilegio per ricchi sfondati.
Nel film Chaplin, nel cercare di corteggiare una giovane fiorista cieca, riesce a farsi prestare da un amico milionario un'automobile per accompagnarla a casa dopo il lavoro.
Quando la ragazza racconta (oddio, il film è muto, però si nota l'entusiasmo nell'espressione del viso e nella concitazione dei gesti) alla nonna questo episodio, quest'ultima le dice, secondo i sottotitoli: "Oh, allora dev'essere senz'altro ricco".
Bene, parentesi chiusa.
Non dovete immaginarvi il fanale come quelli delle auto. Casomai pensate ai lampioni, perché è abbastanza probabile che l'autore alluda ad essi.


 E' un dipinto di Ernst Ludwig Kirchner, realizzato nel 1913. Si intitola "Cinque donne per la strada", relativo ovviamente alla problematica della prostituzione. Al di là delle figure filiformi e nere come i corvi delle donne, fate attenzione alla luce del dipinto: è una mezza via tra il verde e il giallo. Verdastro o giallastro si potrebbe dire.
E' la resa dell'effetto della luce dei lampioni in una strada di città.
Pozzanghere rese un pochino gialle per il colore dei lampioni nella poesia, strade e asfalti giallastri in Kirchner per rendere l'idea di una luce artificiale, accompagnata a indubbia miseria morale.

All'inizio della seconda strofa il poeta descrive ciò che vede mentre percorre le vie del centro. E, a proposito di prostituzione e di lascivia (è questo il termine??), il  lupanare è il bordello. 
Anche i grandi geni della pittura francese del XIX° secolo frequentavano questo postaccio. E in effetti penso a Manet.

"L'infinito nell'umiltà" è, almeno a mio avviso, l'espressione chiave del componimento.
Ma non è contraddittoria? L'infinito non ha confini, questo ce lo spiega il prefisso negativo "-in" ereditato dal latino, ma l'umiltà???
L'umiltà rimanda a qualcosa di piccolo, di fragile, di limitato.
In effetti, con "umiltà" Saba intende riferirsi ai passanti che egli stesso incontra con gli occhi: li vede svolgere le loro attività e il loro lavoro. Quindi, non sta certamente parlando di persone agiate, ma di ceti medio-bassi, di esponenti di una piccola borghesia che compie dei sacrifici giornalieri per poter mantenere decorosamente famiglia e casa.

L'infinito qui è paragonabile al sentimento di compassione, ma anche a un senso di condivisione. 
La tematica è chiarita più avanti: "sono tutte creature della vita e del dolore". Proprio come il poeta e come qualsiasi altro essere umano esistente al mondo.
Tutti soggetti allo stesso destino finale, tutti soggetti alla precarietà dell'esistenza e a varie emozioni e stati d'animo, tra cui il dolore.
Vittorio Alfieri, in un capitolo della sua biografia, disprezza gli umili. Penso ad un passo antologico che ho studiato relativo all'episodio in cui egli con la sua amante parigina, cerca all'inizio della Rivoluzione Francese di fuggire dalla città in subbuglio con una carrozza e con corpose valigie.
Da aristocratico quale è, Alfieri non comprende le cause della Rivoluzione. L'enorme rabbia della "plebe", da lui paragonata a "bestie selvagge e feroci".
In Saba non c'è disprezzo. Tenete presente però che Saba è sempre stato un uomo semplice, abituato ad uno stile di vita frugale e assai sobrio. Non era né nobile né alto-borghese tra l'altro e, al contrario di Manzoni, non possedeva terreni.
Il "Signore" non è Dio. E' un termine che dal punto di vista semantico è utilizzato in modo davvero insolito, dal momento che indica ciò che di fondamentale caratterizza l'esistenza umana, cioè il binomio vita-dolore.

C'è un reale contatto tra il poeta e tutti gli umili che vede?? No, perché l'autore non rivolge la parola a nessuno. E' come il sognatore de "Le notti bianche" di Dostoevskij: passeggia e osserva, ma non apre bocca.

SPESSO IL MALE DI VIVERE, EUGENIO MONTALE:

Non potevo non citarla.

Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato.


Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Montale si sente invaso da questo male di vivere, che altro non è che la sua perenne condizione di angoscia e di insoddisfazione, di non armonia con il mondo che lo circonda (ha visto entrambe le guerre mondiali).
Certi participi passati della prima strofa esprimono degli elementi naturali sofferenti.
Egli proietta la sua angoscia nel dolore universale: sembra quasi che egli, come essere umano, intuisca la sofferenza degli oggetti.
Facevo così anch'io da bambina: se per esempio qualche mio coetaneo strappava dei fili d'erba, io rabbrividivo perché immaginavo che gli altri fili piangessero e fossero in grado di provare il dolore di una perdita improvvisa di qualcuno di caro. Oppure, quando in certe sere d'estate pioveva molto e il vento staccava dei rami o delle foglie, pensavo: "Ma che vento cattivo! Strappa e non pensa che magari le foglie stanno bene dove sono e vogliono cadere a partire da ottobre, e non a giugno".
Sì oddio, già da qui vi rendete conto di quanto ero e sono poco normale.

La "divina Indifferenza" non è riferita ad un atteggiamento di Dio, quanto piuttosto ad una condizione esistenziale puramente soggettiva, che in certi momenti al poeta pare quasi divina, nel senso che, se un essere umano adotta costantemente questo stato d'animo, evita di soffrire per ciò che avviene nel mondo.
Ma si vive davvero con l'indifferenza??
Secondo me l'indifferenza è sinonimo di non-vita: se non ti importa di nulla, se non ti prendi a cuore nessuno, non vivi davvero. Sei ai margini dell'esistenza, e non comprendi appieno lo scorrere degli eventi.




9 dicembre 2017

L'annunciazione:


E' il primo anno che mi ritrovo ad attuare l'idea di trattare l'argomento dell'Annunciazione.
E' sempre stato un qualcosa che mi affascinava, soprattutto per il fatto che centrale è l'importanza della vita che si forma in un grembo materno.
Pensavo di farlo nel modo seguente: descrizione di tre opere d'arte su questo tema che mi piacciono molto, alcune parti del brano del Vangelo letto in chiesa l'8 dicembre e relativo commento di Padre Ermes.

ANNUNCIAZIONE DI SIMONE MARTINI:











L'opera, realizzata tra il 1331 e il 1333 si trova attualmente alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Simone Martini l'aveva dipinta servendosi anche dell'aiuto del cognato Filippo Memmi.
E' una tavola in legno di pioppo. La cornice originale, probabilmente eseguita da Memmi, è andata perduta alla fine del Settecento; il rifacimento della stessa con archi a sesto acuto e sottili colonne tortili risale alla fine dell'Ottocento.
I medaglioni in alto raffigurano dei profeti (da sinistra: Geremia, Ezechiele, Isaia e Daniele).
Ad ogni modo, in centro al primo piano si nota l'arcangelo Gabriele che, inginocchiato davanti a Maria, le offre un ramoscello d'ulivo. Il suo mantello un po' svolazzante e le ali delicatamente piegate verso l'alto lasciano pensare al fatto che sia appena "approdato" alla dimora di Maria.
Quello che di quest'opera mi ha sempre colpita molto è l'espressione del volto di Maria, timido, quasi ritroso, forse troppo umile.
Di lato a sinistra c'è Sant'Ansano, a destra Santa Massima, i patroni di Siena. La pala d'altare era stata commissionata per il Duomo della città toscana.
Considerazione puramente tecnica, per sfatare quell'odioso e banale luogo comune che dice: "L'arte medievale presenta figure molto rigide e tutte frontali e nessuna di esse è dotata di volume."
L'angelo è di profilo, tanto per cominciare. E un pochino di accenno di consistenza volumetrica c'è.
La figura di Maria invece è proprio piatta, ma non è esattamente frontale: c'è una leggera torsione.
Inoltre, lo sfondo d'oro non suggerisce affatto un'ambientazione reale. Io lo vedo come un'eco della ieraticità tipica dell'arte bizantina altomedievale.
Ve la immaginate la casa di Maria con le pareti dorate?? Io nemmeno lontanamente!!


ANNUNCIAZIONE- BEATO ANGELICO:











E' il mio dipinto preferito! Anzi, il Beato Angelico è uno dei miei pittori preferiti del Rinascimento!
Beato Angelico però era un soprannome, perché in realtà si chiamava Frate Giovanni da Fiesole.
E' un'opera molto ricca questa, e per descriverla parto da destra.
Qui prospettiva e tridimensionalità ci sono sicuramente e un elemento che le presenta è innanzitutto l'edificio nel quale sono inseriti l'angelo e Maria. Le volte a crociera della loggia (così è chiamato un edificio con colonne e aperto su due lati come questo) sono ricoperte da un cielo dipinto puntellato di stelle. Il pittore ha voluto imitare la volta celeste.
Scompare lo sfondo dorato: qui la camera della giovane Maria è arredata in modo molto semplice (si intravede una panca a destra, nella stanza accanto a quella in cui avviene l'annuncio).
Sia l'angelo che Maria tengono le braccia incrociate sul petto. E questo è un richiamo alla tradizione bizantina-orientale della tarda antichità. La posizione costituiva un segno di grande rispetto verso l'interlocutore.
Il fascio di luce che proviene dall'alto è simbolo dello Spirito Santo, diretto verso il cuore di Maria.

A sinistra, ma magari lo avete già riconosciuto o intuito, è raffigurato l'episodio della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre.
Come mai l'artista ha voluto mettere in relazione due episodi così diversi?!
Pensate al fatto che, durante la messa dell'8 dicembre, la Prima Lettura è relativa al peccato originale mentre il Vangelo ovviamente è quello dell'annunciazione dell'angelo.
Quindi? Quindi, la venuta del Salvatore Gesù Cristo riuscirà a cancellare l'errore dei progenitori Adamo ed Eva. L'annuncio dell'angelo è una buona novella, un segno di edificante speranza per il mondo.
Ma Adamo ed Eva vanno soltanto denigrati e criticati? Non mi sembra giusto, anche perché la Bibbia cerca, almeno a mio avviso, di non marcare troppo il loro sbaglio.
"Eva, ovvero, la madre di tutti i viventi". Così terminava il passo che è stato letto l'altro giorno. Non è mai stato scritto: "Eva, la peccatrice." Mai!

ANNUNCIAZIONE DI LEONARDO:






Il formato del dipinto è proprio orizzontale. E' interessante rilevare che l'evento si svolge sullo sfondo di un paesaggio naturale, fatto di abeti e di montagne velate di un azzurro-grigiastro al di là del muretto.
Il prato sul quale l'angelo si appoggia è pieno di fiori, proprio come quello della parte sinistra del dipinto di prima. Ecco, la cura particolareggiata di certi elementi naturali risale al Gotico Internazionale, corrente artistica caratterizzata spesso da sovraffollamento e da un'attenzione quasi maniacale per i dettagli.
Le ali dell'angelo sono piegate verso l'alto, come quelle dell'angelo di Simone Martini... come se fosse appena arrivato.
Maria, al di fuori della sua casa, casa di stile rinascimentale e non certo tipica dell'Israele vicino all'anno zero, si rivela piuttosto sorpresa per questa visita inaspettata: un braccio è appoggiato al libro che stava leggendo, l'altro è leggermente sollevato.

LUCA, 1, 28-35:

Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.  Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio." (...) 


COMMENTO DI PADRE ERMES:

L'annunciazione è l'estasi della storia: viene ciò che l'umanità da sola non può darsi. La storia esce da se stessa, si ricentra su di un altro cardine, si illumina di un altro sole.
Tre volte parla l'angelo: una parola di gioia, "kaire"; una contro la paura, "non temere"; un'ultima parola perché ci sia vita nuova, "lo Spirito verrà e sarai madre". L'angelo propone le tre parole assolute: gioia, fine di ogni paura, e vita: "rallegrati", "non temere", "ecco verrà una vita".

Sono tre parole che toccano le corde più profonde di ogni esistenza umana: il bisogno di felicità, la paura che è madre di inganno e di violenza, l'ansia divina di dare la vita. L'angelo ci assicura che i segni dell'avvicinarsi di Dio sono questi: si moltiplica la gioia, la paura si dissolve, risplende la vita.
Prima parola: «Sii felice Maria, Dio ha posto in te il suo cuore»

Semplicemente: «Gioisci, Maria», sii felice perché, lo sai, la felicità viene dai volti; anche Giuseppe e il suo pensiero e il suo volto ti fanno felice, ma ora è qui colui che è il volto dei volti, è con te, ha posto in te il suo cuore; gli altri sono solo frammenti di quel volto, gocce di luce di quella luce; Dio è con te con quell'abbraccio di cui quelli sulla terra sono solo parabole, solo nostalgia. Sii felice, tu sei amata teneramente, gratuitamente, per sempre. Il nome di Maria è « amata per sempre». E la sua funzione nella chiesa è di ricordare nel suo stesso nome questo amore che porta gioia.


Come sempre è molto poetico: pensate che io ho iniziato ad ascoltare le sue omelie sul Vangelo a 15 anni e ogni volta mi veniva da piangere e mi chiedevo: ma come fa ad esistere una persona così bella nell'anima, così poetica, così positiva verso la vita e il mondo che la circonda?
Dio lo accompagni sempre nel suo ruolo di bravo religioso!

Sapete, in questi anni mi sono ulteriormente arricchita di cultura ma... sono sempre io, nel senso che sono sempre comunque rimasta di cuore semplice e sensibile.
Un cuore che in pochi purtroppo riescono a comprendere davvero...


2 dicembre 2017

Il lungo viaggio di Martino:

E' un post diverso dai soliti questo.
L'ho pensato e scritto in occasione del secondo anniversario della morte di Gabriella e anche in memoria di tutti i ragazzi giovani la cui vita è stata spezzata dal cancro.
Per quel che riguarda Gabriella, il suo funerale è stato celebrato esattamente due anni fa.
Il cancro nel nostro paese è la seconda causa di morte della popolazione dopo le malattie cardiovascolari.
Riflettiamoci bene!!

E' da tre giorni che lavoro a questo scritto, per cui dovete solo dirmi brava. Stavolta sì, questa è davvero una cosa grandiosa!
Tanto scrivere bene è quasi l'unica cosa che so fare.
Alla fine di ogni paragrafo compaiono immagini che ho considerato significative e adatte alle pagine di questa specie di diario.


MI CHIAMO MARTINO:

Mi chiamo Martino, ho vent'anni tondi tondi e studio Economia Aziendale all'Università.
Mi sono diplomato al Liceo Scientifico con una valutazione piuttosto alta e... i numeri e le statistiche sono sempre stati il mio forte! Però non ho un gran metodo di studio, me lo dice spesso anche mia madre, perché inizio a studiare sempre e tutto all'ultimo.
Se vado bene negli studi è perché, modestamente, credo di avere sia dei buoni neuroni sia quella grandiosa botta di fondoschiena necessaria per poter superare interrogazioni e compiti scritti.
"La sedia e i libri devono diventare i vostri migliori amici in questi anni accademici!", sentenzia quasi ad ogni lezione il mio prof. di Economia Industriale, un arcigno signore piuttosto avanti con l'età che sembra che sia uscito da un vecchio archivio storico polveroso.
Quel prof. ha sempre le sopracciglia aggrottate quando ci parla. Ma io non mi impressiono, lo lascio brontolare e vivo sereno!
"Ma sì... Non è il caso di farsi prendere dal panico! Ma cosa vuoi che siano gli esami rispetto alle grandi montagne, rispetto alle cascate, rispetto al tramonto del sole, rispetto all'intero Universo?", mi dice il Giova, il mio migliore amico e compagno di corso. Con lui, durante la settimana, condivido tutto: pranzi in mensa, incursioni in libreria nelle ore buche, panini e merende... Mi ritengo fortunato ad averlo come amico.
Due volte la settimana faccio volontariato in Comune. Aiuto i ragazzini delle medie a fare i compiti, soprattutto per quel che riguarda matematica. Mi piace farlo; loro mi ringraziano spesso e anche i loro genitori sono molto contenti di me e del fatto che i voti dei loro figli migliorino a scuola.
E... adoro il mio motorinooo!! Quando percorro le strade della mia città con il motorino, mi sento davvero libero e felice! L'adrenalina va a mille!
"Vedi di tornare a casa tutto intero!", mi dice mia sorella Giulia, con quel suo mezzo sorrisetto intelligente.
La mia Giulietta! E' una bellissima ragazza di 23 anni, ha dei capelli castani boccolosi e stupendi che le sfiorano le spalle e a me piace un sacco accarezzarglieli!
Mi piace ogni sera prenderle il viso tra le mani e dirle:"Ti voglio un mondo di bene, Giulietta!"
Sono un ragazzo, per questo ogni tanto mi sento dire: "Sei un ometto, bando alle smancerie!"
Ma... che male c'è se esprimo in modo chiaro ed esplicito i miei sentimenti?
Che male c'è se sono affettuoso con quelli che amo?
Giulia è poco più grande di me, ma per me è sempre stata una specie di seconda madre: se sapeste quante volte mi ha rassicurato quando ero piccolo e avevo paura del buio!
Lei sta studiando arte. Cioè, a dire il vero una laurea ce l'ha già, ed è una triennale in Lettere.
Nello studio è ancora più brillante di me: non per niente, ma tutte le volte che porta a casa un trenta e lode, nostro padre le dice:
"Siamo molto fieri di te. Io non ho mai avuto i tuoi voti. Nessuno di noi è mai stato così studioso e geniale."
E io non la invidio, né sono geloso anzi... Lei è un caso straordinario, perché studia quasi volta per volta. E comunque, io ho i miei pregi, lei i suoi. E va benone così!
Siamo molto legati noi due.


Questa l'ho messa perché ho immaginato la vita di Martino come un alberello che, oltre a crescere, genera e diffonde nell'aria delle mani colorate. Le mani dell'allegria, dell'affetto e della solidarietà.

22 DICEMBRE 2015:

Manca pochissimo a Natale. Io e la mia famiglia abbiamo già fatto le valigie per trascorrere quattro giorni in montagna. Finalmente relax! Per un po' niente noiose lezioni...
Anche se al ritorno dovrò sgobbare per portare tre esami per la sessione invernale e, un pochino di tremarella ce l'ho già ora.
Stasera comunque io e mia sorella eravamo nello stesso letto, nel suo, per raccontarcela un pochino.
Solo che abbiamo fatto le tre del mattino!
Poverina, nemmeno quando l'ho vista sbadigliare l'ho lasciata in pace!
Solo lì le ho chiesto un consiglio per una delle due cose che, negli ultimi tempi, mi rendono un pochino ansioso: "Giulietta... ma... secondo te come faccio a conquistare una ragazza?"
mi sono accorto che la mia voce tremava.
Lei si è messa a ridere: "Ma una ragazza non è un territorio da conquistare!".
Strabenedetta ironia femminile! Quando però si è accorta che ero serio e che non ridevo, mi ha detto: "Ma la conosci solo di vista?"
"Eh sì... la vedo nei corridoi dell'Università. Si chiama Chiara, è biondissima... Che faccio? Le regalo un mazzo di rose per l'inizio del nuovo anno?" e di nuovo mi accorgo che mi trema la voce.
Lei mi sorride teneramente.
"Senti, fratellino, siccome non vi conoscete bene e siccome tu non sai se sei ricambiato, comincia intanto con il salutarla e con il fare due chiacchiere quando la vedi."
Rifletto un pochino. Un saluto e due chiacchiere... sì... mi sembra un consiglio sensato e razionale.
Abbiamo solo vent'anni, possiamo fare le cose con calma, corteggiandoci con cautela.
Sì ma il punto è che ogni volta che la vedo mi tremano le gambe.
Riesco a sorriderle ma non mi esce mai nemmeno un filo di voce per poterle dire "ciao".
Mi sento un vigliacco. Perché ho così paura di una ragazza??
Sento parlare di miei coetanei che fanno sesso abitualmente da diverso tempo ma io... io non ho mai toccato nessuna. Sono troppo diverso da loro per poterlo fare!
Comunque né a mia sorella né ai miei genitori sono riuscito a dire l'altra cosa inquietante.
Ultimamente mi succede qualcosa di veramente molto strano: quasi ogni giorno sento un dolore molto forte alla spalla sinistra, un dolore che mi toglie il respiro. Dura per alcuni secondi, poi scompare. E il giorno dopo riappare.
Non so a che cosa sia dovuto.

... Per questo sono tanto attaccato alla vita!!

GENNAIO 2016:

3 GENNAIO 2016: 
Oggi era una bella giornata fresca e soleggiata. Così io, il Giova e alcuni miei ex compagni di liceo, tra cui i miei vicini di casa Carlo e Giorgio, abbiamo voluto giocare una partita a basket nei campi sportivi della nostra ridente cittadina.
Al diavolo lo studio, sono ancora in vacanza e il primo appello è il 24 di gennaio!
Fai oggi quello che puoi fare domani? Ma che proverbio irritante! Fai domani ciò che non vuoi fare oggi, semmai! E pazienza se per una volta prendo solo diciotto.
Ad un certo punto, mentre stavo per tirare la palla, ho urlato: "Ahi!!!" e mi sono sentito svenire.
Non riuscivo più a vedere nulla, sentivo che stavo per cadere a terra.
"Martinoo!" ho sentito urlare.
Il Giova mi teneva per le spalle e Giorgio mi sollevava le gambe. "Ma che cavolo ti succede?", mi ha chiesto Carlo, tutto preoccupato e pallido in volto.
"Ho un dolore tremendo alla spalla, ragazzi." ho bisbigliato io.

20 GENNAIO 2016:
Sono stato dal medico, ho fatto tutti i controlli che dovevo fare, le radiografie soprattutto... e quando ho letto l'esito: "sarcoma osteogenico alla spalla", mi è crollato il mondo addosso.
Ancora non riesco a crederci! Ma perché proprio a me una disgrazia del genere?? Che male ho fatto?

Sono in camera mia, sotto il caldo piumone azzurro. E piango. Non voglio alzarmi, non voglio uscire, non voglio mangiare, non voglio parlare con nessuno... Piango. Piango quasi tutto il giorno.
Vorrei nuotare nel mio immenso mare di lacrime per poterci annegare. Ma perché mi sta accadendo questo???
Dio ci sei??? Se esisti, liberami da questo male! Lo sussurro ad ogni ora del giorno. E nessuno risponde.
Solo il triste e terribile suono del silenzio, come una nebbia che avvolge case e alberi, pervade il mio presente.
Soffro... Mi sento imprigionato in un dolore lacerante... Mi sento fragile e indifeso come una farfalla.

FEBBRAIO 2016:  

Non sono sicuro di arrivare all'inizio del 2017.
Devo iniziare le chemioterapie, dovrò fare la spola tra casa e ospedale. 
Quando ho sentito la parola "chemioterapie", dico la verità, ho ricacciato indietro le lacrime, ho fatto un respiro profondo e ho detto a me stesso: "Caro Martino, vivi più che puoi. Perché, una volta morto, non potrai più fare quello che facevi in vita."
Anche se sto male, cerco comunque di fare più o meno quello che facevo prima di scoprire la mia malattia: continuo a studiare e continuo ad andare in comune per spiegare i compiti ai ragazzini.
Oltre a ciò, tutti i sabati vado alla casa di riposo del mio quartiere. Faccio compagnia agli anziani e aiuto gli operatori a distribuire i pasti.
Giulia vuole che io molli il volontariato. Dice che in un momento come questo io dovrei pensare innanzitutto a me stesso e dice anche che non dovrei sprecare le poche energie che ho con attività particolarmente impegnative. Ma lei non capisce.
Non capisce che, proprio perché sto male, devo impegnarmi a donare questo frammento di vita che mi rimane agli altri.
Non capisce che io devo stringere i denti, farmi forza e andare avanti lo stesso.
Non capisce quanto mi costa ogni mattina alzarmi dal letto e imporre a me stesso di sorridere e di vivere il più intensamente possibile.
I nostri genitori sono distrutti. Li vedo spesso piangere, abbracciati l'uno all'altro.
E ogni giorno abbracciano me, e mi dicono: "Ti siamo vicini, non sai quanto ti amiamo. Sei il nostro ragazzo dal cuore d'oro."

Stasera io e Giulia abbiamo litigato di nuovo. 
Lei mi ha quasi urlato che sono un testardo e che non riesco ad accettare la mia malattia.
"Ah, quindi secondo te dedicare del tempo agli altri quando si ha il tempo contato vorrebbe dire non accettare di essere malati? Ti sei già dimenticata il carpe diem di Orazio?? E pensare che hai preso trenta in latino!! Brava, complimenti! Mi sembra che la memoria corta non sia mai stata un tuo difetto!" le ho urlato io a mia volta.
"Fiorellino mio, non voglio che tu te ne vada!" ha esclamato lei, per poi cadere in una crisi di pianto da brividi. 
A quel punto l'ho abbracciata, le ho accarezzato la schiena e le ho sussurrato: "Devo vivere il più possibile, Giulietta. Devo aggrapparmi con tutta la forza non soltanto ad ogni istante, ma anche ad ogni respiro che questa vita mi offre."
Non voglio vederla disperata. Non voglio che a causa del mio tumore lei perda il suo bel sorriso, luminoso come la luna piena.

Martino dona se stesso e non smette di farlo. Non so se l'avete capito, ma dona il suo cuore agli altri. E' ciò che tutti quanti dovremmo fare.

APRILE 2016:

9 APRILE 2016:
Oggi è il mio ventunesimo compleanno. Ho ricevuto un sacco di regali.
Mi sento debole, ma felice, anche se sono nel pieno delle chemio.
Sto perdendo quasi tutti i miei capelli ricci e scuri, eppure sono felice.
Stasera, io, Giulia e i miei genitori abbiamo fatto una specie di "cineforum di famiglia".
Abbiamo rivisto il film preferito di mia sorella, ovvero, "Into the Wild".
Io tenevo la testa appoggiata sulla spalla di mia madre.
Alla fine del film, ho detto:"Sapete cosa significa per me happiness is real when only shared ?
Che la mia gioia siete voi!"
Mia madre ha iniziato a piangere e a coprirmi di baci.
E' la verità, però. Non sono solo, no di certo. Ci sono loro in questo momento difficile, e loro tre soprattutto sono la mia forza. La mia grande famiglia unita!

... Soprattutto in momenti particolarmente difficili della vita.

MAGGIO 2016:

18 MAGGIO 2016: 
Oggi io e il Giova abbiamo studiato Diritto Commerciale insieme.
Vogliamo entrambi dare l'esame a giugno.
Quanto è buono il Giova! Spesso viene a casa mia per prestarmi gli appunti e aggiornarmi con i programmi d'esame. Io l'Università posso frequentarla saltuariamente.
Due ore. Due ore nel salotto del Giova, a ripetere i contenuti di diverse pagine di quel mega manualone che la prof. ci ha assegnato.
Non siamo mai stati così concentrati come stamattina.
"Martino... ti va di fare una passeggiata? O sei stanco per poterla fare?", mi ha chiesto il Giova. 
Io credo di aver fatto un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Abbiamo camminato per un po' tra le vie della città finché non siamo arrivati ai giardini pubblici.
Ci siamo seduti su una panchina.
Sono bellissimi i giardini a maggio: le rose fioriscono, l'erba è verde, sui ciliegi in fiore si posano gli uccellini...
Da quando sono malato osservo con più attenzione ciò che di bello e di positivo mi offre la vita.
La natura è meravigliosa, l'amore è meraviglioso. Ci sono due cose che nella vita non bisognerebbe mai perdere secondo me: l'amore per gli altri e la capacità di ammirare il Creato.
Non immaginate quanto sono riconoscente a Dio da un po' di tempo a questa parte, per avermi donato la forza di affrontare le grandi difficoltà che sto attraversando!
Ho ricominciato a frequentare la messa, come facevo quando ero bambino.
La mia carnagione è diventata decisamente più bianca e in testa sono calvo come un ultra sessantenne.
Tutte quelle lacrime di qualche mese fa... sento che mi hanno reso più forte, più maturo.
C'è una canzone di Mary J Blige che fa: "In each tear there's a lesson. Make you wiser than before, makes you stronger than you know. Each tear, bring you closer to your dreams. 
No mistake, no hearthbreak can take away what you meant to be..."

"Signore, tu mi scruti e mi conosci. (...) Ti sono note tutte le mie vie;
  la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta." (Salmo 138)

GIUGNO 2016:

Ho preso 27!
E anche Diritto Commerciale è andato ed è andato a meraviglia!!
Solo che dopo l'esame mi sono sentito talmente stanco...
Se stessi bene, organizzerei all'istante una mezza giornata al parco acquatico con i miei amici e con mia sorella ma ho soltanto voglia di andare a letto e di dormire.
Mi sono meritato quel voto, ho ricevuto una grande soddisfazione... peccato che io sia troppo stremato per poter festeggiare.
Quindi vado a letto e mi addormento subito.

Quando riapro gli occhi, vedo Giulia distesa accanto a me, profondamente addormentata.
Noto che tra le mani tiene un piccolo biglietto di carta. Con estrema delicatezza, glielo tolgo e leggo:
"Sei un ragazzo che vale più di tutto l'oro del mondo! Sei dolce e al contempo forte."
Sento che stanno per venirmi le lacrime agli occhi. E allora decido di darle un leggero bacio sulla fronte e le sussurro un "grazie", mentre lei sorride lieta, nel sonno.


La solidarietà dà la forza!


AGOSTO 2016:

Stanotte mi mancava il respiro. "Aiuto! Aiuto!", cercavo di gridare mentre ansimavo, preso dal terrore e dall'angoscia.
Mi sembrava di essere un gattino dentro una bacinella d'acqua che con le zampe cerca di raggiungere il bordo per poter uscire e per non annegare.

MI hanno portato in ospedale per un ricovero d'urgenza. Le mie condizioni sono peggiorate.
Il cancro si è esteso, vale a dire che ha fatto metastasi dappertutto e più rapidamente del previsto.
Le chemio non lo hanno arginato, ma sapevo che le speranze erano poche.
Sono malato in ogni cellula del corpo. Io sono il mio cancro.

... tutti hanno paura del buio!!! Indipendentemente dal fatto che si creda in Dio.

OTTOBRE 2016:

9 OTTOBRE 2016: 
Negli ultimi due mesi ho passato molto più tempo in ospedale che a casa. 
L'anno accademico sarebbe iniziato da quindici giorni, ma non sono assolutamente in condizioni di andarci, purtroppo. 
Mi imbottiscono di morfina per calmare i dolori. Sono quasi sempre sdraiato.
L'altro giorno Giorgio, Carlo e il Giova sono venuti a trovarmi.
La sorella del Giova ha deciso di sposarsi il prossimo anno. 
Peccato che io non ci sarò.

 16 OTTOBRE 2016:
Trascorro la maggior parte delle giornate dormendo. Vorrei tanto poter trovare la forza di alzarmi da questo letto d'ospedale e poter camminare, anche soltanto nel corridoio del reparto. Ma mi mancano le forze.
Anche oggi il Giova è venuto a trovarmi. E mi ha fatto una gran bella sorpresa: ha portato anche Chiara! Ma quanto è straordinario il mio migliore amico??
Per la prima volta ho avuto l'occasione di poter parlare faccia a faccia con la ragazza che mi piace da mesi. Il suo modo di porsi era pacato e gentile. Mi ha addirittura portato una piccola scatola di cioccolatini come regalo. E sembrava piuttosto triste per me.
Ad un certo punto ha bisbigliato: "Ma non è giusto che tu stia così male."
Allora io le ho preso le mani e le ho detto: "Chiara, non è questione di giustizia. Mi è accaduto e ho imparato ad accettarlo. E' stato molto difficile, ma ciò che più mi conforta è tutto l'amore che mi circonda."
A quel punto lei non è riuscita a trattenere le lacrime.
Quando il Giova è uscito dalla stanza con Chiara, poco prima di addormentarmi, ho pensato: "Probabilmente, se non mi fossi ammalato e se avessi avuto un po' di vita in più, una storia tra me e lei avrebbe funzionato."

26 OTTOBRE 2016:
Giulia ha passato il suo ventiquattresimo compleanno quasi tutto il giorno vicina a me, accanto al mio letto d'ospedale. Ha rinunciato a partecipare ad un seminario di archeologia per poter stare con me.
Lei è molto portata per le tipologie d'arte. Oltre a disegnare benissimo suona la chitarra altrettanto bene.
Oggi mi ha fatto un paio di regali, entrambi provenivano dalla sua strabiliante vena creativa.
Mi ha portato un ritratto: mi ha disegnato con i capelli, con la cravatta e una camicia a quadri.
Ha leggermente colorato di rosa i miei zigomi.
Ad ogni modo, quando le infermiere e i medici sono usciti dalla mia stanza, lei ha preso la chitarra e si è messa a cantare la nostra canzone preferita, "Tappeto di fragole" dei Modà.
"Eccoci qua... A guardare le nuvole, su un tappeto di fragole. Come si fa a spiegarti se mi agito e mi rendo ridicolo..."
Abbiamo cantato sottovoce, e alla fine della canzone mi è venuto da piangere.
A quel punto, Giulia si è alzata per abbracciarmi. La sua stretta era calda.
"Per favore, fiorellino mio, non dimenticarti di me quando te ne andrai per sempre.", mi ha sussurrato in un orecchio.
"Tu sarai sempre nel mio cuore. E anche mamma e papà", sono riuscito a dire tra i singhiozzi.
Ma quanto può essere dolorosamente bella la vita?

         "Una persona non muore mai finché il suo ricordo vive nell'animo di coloro che l'hanno veramente amata." Cit. Anna N., ottobre 2017
24 DICEMBRE 2016:

Da una settimana a questa parte mangio pochissimo. Sono circondato da macchinari che accompagnano i miei ultimi istanti di vita. Sono arrivato a capolinea.
Persino gli occhi fanno fatica a rimanere aperti.

Mi chiamo Martino, è la Vigilia di Natale e sto morendo.
Non sono nemmeno arrivato a compiere 22 anni, non potrò mai laurearmi, non potrò mai specializzarmi, non potrò mai iniziare a lavorare.

La mia vita è stata breve, maledettamente breve. Ma degna di essere vissuta.
Tra un po' chiuderò gli occhi per sempre e andrò in un posto meraviglioso, dove Dio mi accoglierà con un mega sorriso sulle labbra. 
A te, Dio dell'amore, offro questa mia piccola vita di ragazzo generoso.
 
Vola in cielo, piccolo grande angelo!

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Se state piangendo o ci siete vicini meglio per voi, perché vuol dire che almeno avete un cuore.
Ma non l'ho scritto per farvi piangere, se secondo voi l'ho reso abbastanza coinvolgente è perché so cosa significa avere qualcuno che ami che è malato di cancro.
Ho provato anch'io il dolore della perdita.
Ora non ho dolore dentro di me, diciamo che quando nella mia mente riaffiorano certi ricordi con persone che non ci sono più e che per me sono state significative, mescolo i sorrisi con qualche piccola lacrima che si ferma però alle palpebre.

Pochi giorni fa qualcuno mi ha detto che la morte fa parte della vita.
Non avrei mai immaginato che la mia mente, in seguito a questo discorso, potesse generare e dare vita a tutto ciò... davvero.
Però la morte provoca distacco da coloro che abbiamo amato. La morte ci impedisce di avere un contatto diretto con essi.
Eppure, ciò che da quelle persone abbiamo imparato, non verrà perduto mai!
Ecco in che modo anche la morte fa parte della vita: ci rende consapevoli del valore delle relazioni!


27 novembre 2017

Davvero la letteratura italiana, nei suoi circa 800 anni di storia, è di carattere maschilista?

Davvero l'ultimo trattato della Murgia sulla questione femminile potrebbe essere stato scritto da una quattordicenne. L'estremismo nelle opinioni e l'assemblaggio confuso di questioni completamente diverse tra loro, come il femminicidio e l'aborto, lasciamoli ai quattordicenni! Loro possono ancora permettersi di non avere equilibrio nel valutare la realtà, perché devono crescere e devono maturare.
Comunque, oltre all'ingiusta e ingiustificata critica che lei muove alle cattoliche, c'è anche un'altra sua constatazione che mi ha infastidita: considerare la letteratura italiana come un prodotto culturale addirittura nocivo per la società contemporanea.
Non sto esagerando. La scrittrice afferma che la nostra letteratura, nell'illustrare e nel descrivere le morti di numerosi personaggi femminili, esalti lo spirito degli uomini che le uccidono.
A questo proposito cita un episodio della "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso, ovvero, il combattimento tra Tancredi e Clorinda.

Ne riporta poi alcuni versi:
"Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
che vi s'immerge e 'l sangue avido beve;
e la veste, che d'or vago trapunta
le mammelle stringea tenera e leve,
l'empie d'un caldo fiume. Ella già sente
morirsi, e 'l piè le manca egro e languente."
eriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-1937Di questa mezza strofa dà un'interpretazione decisamente assurda: "Molti di quegli artisti hanno accompagnato la nostra educazione sentimentale e culturale mostrandoci non già lo strazio della morta, ma la nobiltà di chi l'ha uccisa."

Ma non poteva farsi spiegare quel passo da persone competenti, che hanno studiato o stanno studiando testi letterari per realizzare il loro sogno di poterli trasmettere?
Ma non sa che le donne guerriere sono sempre esistite in letteratura, e che quindi Clorinda non è l'unica? Ci sono le Amazzoni della Grecia Arcaica, c'è Camilla nell'Eneide, c'è Bradamante nel poema di Ariosto, Marfisa nell'Orlando Innamorato di Boiardo.

Più o meno ve lo ricordate questo episodio?!
Ve lo riassumo in modo semplice: Tancredi appartiene all'esercito cristiano, Clorinda invece è una donna saracena, travestita da guerriero.
Tancredi ne è segretamente innamorato.
Durante il duello non la riconosce, dal momento che anche lei indossa l'elmo. Non la riconosce, quindi non la uccide di proposito!
Questo è un episodio drammatico, elegiaco in cui amante e donna amata si scontrano inconsapevolmente.

Dopo averla trafitta, Tancredi, con suo grande dolore, la riconosce, dal momento che le toglie l'elmo.

Questo è il seguito del canto:

" Segue egli la vittoria, e la trafitta
vergine minacciando incalza e preme.
Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme;
parole ch'a lei novo un spirto ditta,
spirto di fé, di carità, di speme:
virtù ch'or Dio le infonde, e se rubella
in vita fu, la vuole in morte ancella.

- Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
a l'alma sì; deh! Per lei prega, e dona
battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. -
In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

Poco quindi lontan nel sen del monte
scaturia mormorando un picciol rio.
Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
e tornò mesto al grande ufficio e pio.
Tremar sentì la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide, la conobbe, e restò senza
e voce e moto. Ahi vista! Ahi conoscenza!

Non morì già, ché sue virtuti accolse
tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
e premendo il suo affanno a dar si volse
vita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.
Mentre egli il suon dè sacri detti sciolse,
colei di gioia trasmutossi, e rise;
e in atto di morir lieto e vivace,
dir parea: "S'apre il cielo; io vado in pace. "

D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,
come à gigli sarian miste viole,
e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
sembra per la pietate il cielo e 'l sole;
e la man nuda e fredda alzando verso
il cavaliero in vece di parole
gli dà pegno di pace. In questa forma
passa la bella donna, e par che dorma."

Per Letteratura Italiana I avevo letto una parte consistente del poema di Tasso e l'analisi di questa parte me la ricordo ancora benone (peccato che non me l'abbia chiesta! Nessuna domanda su Tasso, purtroppo).
Non si tratta certo dell'esaltazione di un Tancredi omicida!
E, se l'autrice estremista permette, lo strazio e il dolore degli ultimi istanti di Clorinda c'è eccome!
Il valente Tancredi uccide l'amata ma, nel momento in cui se ne rende conto, non è né nobile né glorioso.
 E' sconvolto.
"La vide, la conobbe, e restò senza/voce e moto. Ahi vista! Ahi conoscenza!" 
 Tancredi è annichilito e impietrito.
Che accade nell'animo di Tancredi nel momento in cui le toglie l'elmo??
In una frazione di secondo, si affollano stupore, dolore, rimorso, disperazione e commozione per la richiesta di farsi battezzare.

Pensate ora a dei riferimenti cronologici. La Gerusalemme Liberata è stata scritta nel secondo Cinquecento ed è ambientata negli ultimissimi anni del XI° secolo, per il fatto che narra i combattimenti della prima crociata per la liberazione del Santo Sepolcro di Cristo.
Ciò che l'autore elogia in quest'opera non è tanto la violenza verso i saraceni o la nobiltà di chi uccide una donna guerriera, quanto piuttosto un sentimento cristiano chiamato "il timor di Dio".
Per i più giovani che magari non frequentano molto la messa, preciso volentieri che temere Dio non significa iniziare a tremare di paura ogni volta che lo si nomina o lo si prega.
Qui timore è sinonimo di attenzione ai valori che da Lui provengono.
Nella mentalità medievale era ritenuta un'azione gloriosa e degna di un ottimo cristiano il partecipare ad una crociata per poter liberare il Santo Sepolcro dalle genti di diversa religione. Chiaro che per poterlo fare, bisognava combattere.
Per i medievali, "temere Dio" non significa soltanto pregarlo e venerarlo, ma anche difenderlo con le armi da popoli non cristiani.
Ma ciò che conta non è la nobiltà dell'uccidere, quanto piuttosto la conversione di Clorinda al cristianesimo. Viene battezzata mentre sta morendo.
Ed è il sacramento del Battesimo che le apre le porte del Paradiso.
"In questa forma/ passa la bella donna e par che dorma". 
Ecco dunque che la fine della vita terrena è un necessario passaggio ad una vita migliore. 
Clorinda dunque, con questo sacramento pochi istanti prima di rendere l'anima, si salvava dal limbo dantesco, dove stavano i non battezzati e i fedeli di altre religioni.

Prima di trarre conclusioni un po' troppo affrettate bisognerebbe leggere bene. 
Questa parte del XII° canto della Gerusalemme Liberata nulla ha a che fare con l'oppressione femminile. Rappresenta bene invece la concezione della cristianità da parte dei medievali.

Vi pongo la domanda del titolo, in modo molto simile:  
"Siamo proprio così sicuri del fatto che la nostra tradizione letteraria sminuisce la donna?"

Ecco qui due sonetti di due autori diversi, che dimostrano l'esatto contrario.

GUIDO GUINIZZELLI:

Lo vostro bel saluto e ’l gentil sguardo
che fate quando v’encontro, m’ancide:
Amor m’assale e già non ha reguardo
s’elli face peccato over merzede,

ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo
ched oltre ’n parte lo taglia e divide;
parlar non posso, ché ’n pene io ardo
sì come quelli che sua morte vede.

Per li occhi passa come fa lo trono,
che fer’ per la finestra de la torre
e ciò che dentro trova spezza e fende;

remagno como statüa d’ottono,
ove vita né spirto non ricorre,
se non che la figura d’omo rende.

Appartiene allo Stilnovo, nel XIII° secolo, stile poetico che ha come oggetto dei componimenti la figura di una donna angelicata, come non ne esistono nella realtà.
La donna, nei loro componimenti, è "uno spirto celeste" che rende bello e migliore l'animo di tutti coloro che la amano. Anzi, addirittura, ha la capacità di convertire alla fede religiosa i bestemmiatori e gli atei: "e fal de nostra fè se no la crede", scrive lo stesso Guinizzelli in un altro sonetto.
Senza volermi paragonare agli Stilnovisti, anch'io in alcune mie poesie ho idealizzato una figura maschile delineata come bella, pura, meravigliosa, dotata di qualità che fanno pensare a tutto ciò che c'è di bello in natura.

Ma quello degli stilnovisti era vero amore o voglia di gloria poetica? A questo, nemmeno l'illustre critico letterario Asor Rosa sa rispondere. Cinquanta e cinquanta, credo io.
Molto probabilmente gli Stilnovisti si saranno innamorati di qualche bella donna dotata anche di eleganza e gentilezza. Però indubbiamente nutrivano anche l'ambizione di passare alla storia della letteratura con il loro stile aulico, solenne, idilliaco.

Ad ogni modo, sarà anche una poesia del Duecento, ma quanti di voi hanno provato l'esperienza della cotta da colpo di fulmine?? Siamo fatti per amare, per essere amati e per sentirci attratti da qualcuno.

"Per li occhi passa come fa lo trono,
che fer’ per la finestra de la torre
e ciò che dentro trova spezza e fende;"

"lo trono" è il fulmine. Vedi qualcuno che ti sembra bello e affascinante e subito ne resti attratta, al punto tale che per alcuni secondi non riesci a staccare lo sguardo da quella persona.
Mi è successo più di una volta. La prima volta avevo 16 anni.
E quello sguardo sembra durare un'eternità, quello sguardo in cui gli occhi comunicano ciò che a parole si fa sempre e comunque fatica ad esprimere.

PETRARCA:

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?

Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro, che pur voce humana.

Uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i' vidi: e se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.


E questo è Petrarca. Petrarca che, nonostante lo scorrere del tempo e nonostante la bellezza sfiorita di Laura, continua ad essere innamorato di lei.
Tenete presente che "lume" è metafora di "occhi". 

E ora, ritorno a quel passionale di Tasso, riportando e commentando brevemente qui sotto un suo madrigale.

MADRIGALE N° 288:

     Amatemi, ben mio,
     Perché sdegna il mio core
     Ogni altro cibo e vive sol d’amore.
     V’amerò, se m’amate,
     Né men de la mia vita
     L’amor fia lungo e fia con lui finita.
     Ma s’amarmi negate
     Morirò disperato
     Per non amarvi non essendo amato.


 Probabilmente dedicato a Laura Peperara, questo componimento è indubbiamente espressione di un  sentimento molto, forse troppo forte.
Però, notate bene che non traspare mai un concetto di possesso della donna amata. Solo nel primo verso c'è un possessivo. Ma "Ben mio" è legittimo, dal momento che tutti lo parafraserebbero con "tesoro mio".
Tasso ama la donna con tutto se stesso. Prospetta per sé un dolore atroce in caso di rifiuto. Non allude però ad un suicidio, quanto piuttosto alla morte dell'anima, ad un animo che, se perdesse le speranze di quel progetto d'amore che sogna, diverrebbe spento, atrofizzato dalla cocente delusione.

Niente paura, non c'è misoginia nella poesia italiana e ci sono molte figure femminili positive presenti in poemi, novelle e romanzi. Ne cito soltanto alcune: Lucia Mondella, Beatrice in Dante, Fiammetta nel Decamerone di Boccaccio, Teresa ne "Le ultime lettere di Jacopo Ortis" e, figura molto originale per la sua indipendenza e schiettezza: Mirandolina in Goldoni!


25 novembre 2017

25 novembre: considerazioni etiche e storiche


25 NOVEMBRE. 
Negli ultimi anni, questa data è diventata la "giornata contro la violenza sulle donne".
Avrete la pazienza e la buona volontà di leggere due post così lunghi? (L'altro, un po' più culturale, uscirà probabilmente prima di martedì).

Ne ho fatti due perché ho troppe cose da dire su questo argomento e, anche se ne ho parlato diverse volte lo scorso anno, non ho mai smesso né smetterò mai di ragionarci sopra!
Si tratta di due post che contestano alcuni aspetti dell'ultimo saggio della Murgia: "L'ho uccisa perché l'amavo".

*Se state studiando Giurisprudenza e vi accorgete che ho sbagliato alcune date relative all'introduzione di alcune leggi, avete il pieno diritto di correggermi con un commento sotto.

A) LA VITA DI UNA DONNA E LA VITA DI UN BAMBINO:

Non è passato proprio così tanto tempo da quando sono uscita dal liceo.
In effetti, è ancora vivo in me il ricordo di alcune lezioni di religione a scuola: la nostra insegnante che, ogni anno e almeno una volta al mese, si collegava a un sito intitolato "In quanto donna", per proiettarci sulla Lim un sacco di storie orribili che avevano come protagoniste ragazze e donne massacrate in modo orribile dai loro compagni o mariti.

"Oddio, si sarà impressionata parecchio", penseranno o commenteranno alcuni di voi dall'altra parte dello schermo, conoscendo la mia grande sensibilità.
In realtà non più di tanto, perché lo so da sempre che non tutti gli uomini sono violenti e arroganti.

Mi sono impressionata molto di più quando alcune lezioni sono state dedicate a un film molto crudo sull'aborto, ambientato in Romania: la protagonista era una studentessa universitaria che voleva abortire illegalmente alla fine del quarto mese di gestazione. Alla fine ci è riuscita e, quel che è peggio, senza alcun genere di rimorso!
Sono stata male verso la fine del film: brividi, stomaco chiuso e, tra l'altro, un mio compagno di classe mi aveva detto che ero diventata pallidissima.
E vogliamo parlare di quando la mia insegnante di italiano al biennio ci ha assegnato la lettura di "Balzac e la piccola sarta cinese"?
All'epoca avevo 14 anni e mezzo e leggere tutte quelle scene di sesso non è che mi abbia fatto proprio così bene. Anche lì, la protagonista, una sarta poco più che ventenne, quando scopre di essere incinta, sceglie di abortire.
La fine della storia? Lei che, tutta sorridente e saltellante, esce dall'ambulatorio del medico.

Che schifo! Ma la coscienza dove cavolo ce l'hanno certe tipe?! Ma che vadano a nascondersi in qualche cespuglio spinoso e che ci restino a vita!
Perdonatemi se risulto così dura a questo proposito ma sono oltremodo infastidita dalla mentalità che oggi dilaga, con frasi come: "Qualunque donna ha il diritto di essere libera di decidere se continuare o interrompere una gravidanza".
Questa era anche l'opinione di Margherita Hack, illustre astronoma.
Che poi, se avesse pensato unicamente al suo lavoro di scienziata e se non fosse mai intervenuta in questioni etiche così delicate, sarebbe stato molto meglio.
E la coscienza?? E la realtà di una creatura in arrivo??

La vita di una donna è preziosa. 
Nessun uomo crudele dovrebbe permettersi di interromperla in modo brutale, violento e sanguinoso.
Ma anche la vita di un embrione o di un feto è preziosa, anzi, è dotata di un valore inestimabile.

A 22 anni (entrambe le protagoniste delle storie che ho descritto poco sopra hanno l'età che ho io adesso) si dovrebbe essere abbastanza adulte per potersi assumere tutte le responsabilità di ciò che comporta una relazione affettiva.
Il bimbo in arrivo non è un fardello, dovrebbe essere una gioia, una ricchezza.

La Murgia, in quella settantina di pagine, muove delle critiche pesantissime alla componente cattolica.
Considera "puerili" tutte quelle donne cattoliche che cercano di sottolineare il problema degli aborti in aumento negli ultimi anni.
Perché secondo lei, se qualcuno puntualizza sulle migliaia di aborti volontari che avvengono ogni anno, sminuisce il fenomeno del "femminicidio".

Dico la verità, mi sono sentita offesa.
 
La legge che permette l'aborto è stata introdotta nel 1974; anzi, se non ricordo male è stata promossa con una votazione da parte del popolo italiano chiamato alle urne.
Ma l'aborto è davvero progresso? Per me è un diritto fasullo.
E' un qualcosa che dà l'illusione della libertà e dell'emancipazione.
Io la scelta di abortire la concepisco soltanto in un caso tragico ed estremo, come quello di una violenza sessuale.

Se facciamo passare per "diritto" l'uccisione di una creatura indifesa che sta soltanto auspicando di venire alla luce, siamo veramente superficiali, indelicati e fortemente tendenti all'egoismo, almeno a mio avviso.

B) NON CONFONDIAMO LA MORALE CON LA PSICHE!

L'altro giorno sono andata nella biblioteca civica di Vicenza. Dovevo consultare alcuni manuali utili per la mia tesi di laurea. Nei corridoi dell'edificio, erano affissi manifesti simili a questo sotto:


E' brutto da vedere quel coltellaccio conficcato nel cervello, vero? E' cruenta come immagine.

Più che "morale", dovevano mettere "psicologica".
Le lingue classiche aiutano a distinguere significati di questo genere:
- Morale deriva da "mos, moris", ovvero, "abitudine, tradizione, usanza". E quindi, a partire dall'alba dell'era cristiana "abitudini e modi di vita". La moralità riguarda i sani valori,ovvero,  concerne "l'essere in grado di adottare dei comportamenti consoni per vivere il più rettamente possibile".

- Psicologica invece deriva dal greco "ψυχή" (La Psiche, l'anima). La psiche di una donna che soffre di "dipendenza affettiva" nei confronti di un uomo cattivo è facilmente influenzabile e purtroppo anche manipolabile. La psiche è strettamente legata all'interiorità e all'indole di una persona.
Chi è psicologicamente molto fragile di solito non riesce a uscire da situazioni di pesante oppressione e non è certo dotato di una forte personalità!

Riassumendo: la psiche è un elemento piuttosto complesso. Riguarda la componente caratteriale, il nostro modo di porci con gli altri, i nostri stati d'animo.
La morale coincide invece con l'etica, ovvero, con ciò che è giusto fare nella propria vita per essere leali e il più possibile coerenti con se stessi e con le proprie scelte.
Psiche e morale non sono la stessa cosa. Però non sono nemmeno così inconciliabili, perché un animo dotato di bontà si impegna a mettere in pratica buoni valori morali, cosa che un animo corrotto e perverso invece non fa.

C) NON SI UCCIDE MAI PER AMORE:

"La amavo più di me stesso. Non riuscivo a sopportare il fatto che mi avesse lasciato."

Ragioniamo. Se si ama qualcuno lo si uccide?! In quale logica rientra un comportamento del genere?!
Per essere completamente veritieri bisognerebbe dire:
"Non riuscivo a sopportare il fatto che mi avesse lasciato, per questo l'ho uccisa."
Adesso sì che il discorso è dotato di senso logico-concettuale.
Un uomo violento e malvagio non uccide la sua compagna perché non riesce a vivere senza di lei, ma stiamo scherzando??
La massacra per un altro motivo, totalmente differente, ovvero, quello del "terribile affronto" che sente di aver subito.
"Lei mi lascia? Lascia un compagno attraente e affascinante come me? (o meglio, come credo di esserlo io?) Come può farmi questo?"

In parole povere, la trucida, spesso in modi indicibili, perché la sua sconcertante prepotenza non sopporta il fallimento in una relazione.

Il diritto di compiere il "delitto d'onore" è stato abolito nel 1981.
Che poi, quale "onore"? L'onore di possedere la moglie? Ucciderla se ti tradisce per poter essere stimato dalla comunità? Ma che senso ha un'espressione del genere?
"Io guadagno l'onore presso i miei concittadini se uccido mia moglie che va a letto con un altro."
E quindi, l'onore acquisito spegnendo per sempre la vita di una donna che credi di amare ma che in realtà non hai mai amato veramente?!
No, direi che non ci siamo. Era piuttosto arretrata anche l'Italia del Secondo Novecento!

Il delitto d'onore è stato abolito dalla legge, ma nella realtà del nostro presente si continua a commetterlo.
Alcuni giudici puniscono l'assassinio di una donna con 30 anni di reclusione o con l'ergastolo.
E' il caso di Michele Buoninconti che circa due anni fa aveva ucciso la moglie Elena Ceste, madre dei suoi quattro figli (la più grande attualmente ha soltanto 15 anni).
Ma anche pene così giuste nella loro severità, non potranno mai restituire la madre uccisa a dei figli ragazzini, consapevoli di avere anche un padre assassino, bugiardo, anaffettivo, insensibile.


D) CHE COS'È LA VERA EMANCIPAZIONE FEMMINILE?

Sono davvero preoccupata se penso ai comportamenti che molte ragazze appartenenti alla mia generazione adottano. 
Abbastanza di recente sono stata in un night club, anzi, è più corretto dire che mi hanno trascinata in quel posto.
A mezzanotte e venti ho assistito ad una scena disgustosa: tre ragazze, molto vicine alla mia età, che sono entrate nello stesso bagno. Già sbronze, ciascuna con una mano teneva un boccale pieno di birra mentre con l'altra, tutte e tre tenevano gli smarthphone già aperti sull'opzione "fotocamera".
Tutte e tre nello stesso bagno. 
Capacissime di essersi fotografate certe parti del corpo per poi averle inviate a qualche ragazzo, nella speranza di essere lodate dalla componente maschile, che solitamente o finge di apprezzare cose di questo genere con commenti sarcastici, o insulta pesantemente e diffonde tutto.
Chiaro che i ragazzi non possono avere stima di ragazze che "mostrano troppo", almeno, quelli un pochino sani di mente, perché non dimentichiamoci che i porcellini esistono e sono sempre esistiti!

Le nostre bisnonne e nonne hanno lottato per il diritto di voto. Le italiane hanno votato per la prima volta nel 1946, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Le nostre mamme si sono battute per vedersi riconosciuti i loro diritti sul lavoro e per fare in modo che le molestie e le violenze sessuali venissero considerate un reato punibile anche con la reclusione.

E noi, nate negli anni Novanta? 
Io, e fortunatamente non sono l'unica, studio e cerco di sfruttare nel miglior modo le mie doti umane e intellettive. 
Purtroppo però esiste un buon numero di ragazze, adolescenti e giovani adulte, convinte che, per poter essere emancipate sia necessario adottare le peggiori abitudini maschili, come drogarsi, ubriacarsi, adottare un linguaggio scurrile e bestemmiare.
A tutto questo, aggiungono anche "azioni pornografiche". E questo mi preoccupa. 
Non voglio che ci sia regressione in futuro.

E) LA DONNA NELLA PREISTORIA NEOLITICA:

Nel Neolitico la società dell'Europa non è sempre stata patriarcale e non ha sempre comportato la subordinazione della donna all'uomo.

Gli archeologi hanno scoperto che l'Europa prima dell'invasione degli indoeuropei (popolo dalla cui lingua derivano molte lingue antiche storiche come greco, latino e sanscrito), era una società matriarcale.
La donna si occupava dell'educazione dei figli, poteva avere più mariti, poteva addirittura ereditare.
Mi sto riferendo ad un' Europa parecchio remota, diciamo intorno al VI° millennio a.C.
Oltre a ciò, il corpo della donna era proprio venerato dalla religione e dall'arte.
La religione dei popoli di quell'antichissima Europa aveva come divinità principale la "Grande Madre", protettrice della fecondità della terra, spesso collegata anche alla capacità di procreare e di partorire.
La morte era il "passaggio ad una vita più felice" rispetto a quella terrena. Nei sepolcri erano spesso presenti immagini che richiamavano l'apparato riproduttore femminile, simbolo non soltanto dell'alba della vita ma anche di una rinascita dopo la morte.
La morte era vista come un "dolce riposo", una quieta e calma attesa, necessaria per poter iniziare una vita completamente serena.
Fateci caso, nell'arte preistorica sono molto frequenti le sculture in terracotta che evidenziano un po' troppo le parti del corpo femminili, nel senso che le rendono decisamente più grandi di quello che sono nella realtà. Se digitate "Veneri Preistoriche" ve ne accorgete ;-)
Indubbiamente gli uomini preistorici erano più affascinati di noi dal mistero della nascita.

La società dell'Europa pre-indoeuropea non ha lasciato fonti scritte relative alle leggi.
Si suppone che ci fosse un sistema di scrittura rettilineo (non decifrato), utilizzato però soprattutto per scopi religiosi.
Il fatto che all'epoca la donna fosse in una posizione privilegiata lo sappiamo soprattutto dall'analisi di fonti archeologiche e scultoree, ma non abbiamo leggi né costituzioni.

Come anche i giuristi sanno, le più antiche testimonianze legislative prevenuteci sono il Codice babilonese di Hammurabi (basato sulla legge del taglione), le leggi di Dracone in Grecia (VII° a.C.) e le leggi delle dodici tavole nel 450 a.C., nell'epoca di una civiltà latina ancora preletteraria.

Con la conquista dell'Europa da parte degli Indoeuropei, probabilmente originari delle steppe della Russia Meridionale, i valori si capovolgono. La società diviene patriarcale e inizia la lunga storia di subordinazione della donna agli uomini della famiglia.
C'è una parola in indoeuropeo che addirittura sembra evidenziare delle differenze di importanza all'interno della famiglia tra donna e donna: *swesòr (=sorella) da cui inglese "sister", tedesco "Schwester" e latino "soror, sororis".
Da notare che *swesòr è composta dal pronome *swe (=propria) + *sòr (=donna).
Probabilmente quindi, negli stadi più antichi della lingua indoeuropea (ricostruita, tra l'altro, quindi i linguisti non hanno nulla di certo tra le mani!) era un termine che designava tutte le donne appartenenti alla famiglia di origine di un uomo, quindi le sorelle, la madre, le nonne, le cugine.
Già soltanto per il fatto che erano sue consanguinee potevano essere considerate "di proprietà" del pater familias, che regolava le loro vite.
La moglie dell'uomo, ovvero la *snusòs, la nuora del capo-famiglia, era sempre vista come un'estranea, come una parente acquisita tramite accordo matrimoniale e per questo di minor rilievo rispetto alle parenti consanguinee.
I figli del capo-famiglia, quando si sposavano, non fondavano una nuova famiglia, ma rimanevano all'interno del nucleo familiare originario.
Da notare anche che in indoeuropeo non soltanto manca un termine per designare la moglie ma addirittura sembra che non siano mai esistiti dei termini per definire le relazioni tra il marito e la famiglia di origine della moglie, forte indizio del fatto che questa società era decisamente maschilista.
La donna, durante l'infanzia e l'adolescenza era sottoposta all'autorità del padre, poi, una volta sposatasi, era sottomessa al marito e anche al padre del marito, cioè al suocero.

Dal V° millennio a.C. la società europea è divenuta patriarcale, e lo è stata per millenni.
Patriarcale al punto tale da considerare un oggetto e non una persona colei che è portatrice di vita.

Negli ultimi decenni sono certamente stati fatti dei progressi significativi.
Quello che vorrei comunicare con questo post è ciò che ho già scritto diverse altre volte: ragazze, tenetevi stretta la vita! E' ciò che di più prezioso abbiamo ed è una sola.
Per questo non dovremmo permetterci di disprezzare questo enorme dono con comportamenti lesivi per la nostra dignità.