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26 agosto 2017

La complessità dell'amore:


L'ho riletto per la seconda volta in questi ultimi giorni.
Mi riferisco al saggio di Erich Fromm intitolato "L'arte di amare", opera che sicuramente alcuni anni fa avevo già citato sul blog.
Ho capito che se lo leggi a sedici anni ne rimani totalmente affascinata, se lo rileggi a quasi ventidue trovi anche dei punti di debolezza.
Come questo che riporto nel paragrafo qui sotto:



 AMORE GENITORIALE:

"Esso (l'amore materno) è, per sua stessa natura, incondizionato. La madre ama il bambino perché è la sua creatura e non perché abbia fatto qualche cosa per meritarselo. (...) I rapporti con il padre sono assolutamente diversi. La madre è l'origine della nostra vita; è natura, è anima, è oceano; il padre non rappresenta nessuna forza della natura. Ha pochi legami con il bambino durante i suoi primi anni di vita e la sua importanza per il bambino, in questo primo periodo di vita, non può essere paragonata a quella della madre. Ma, mentre il padre non rappresenta il mondo naturale, rappresenta l'altro polo, quello dell'esistenza umana; il mondo del pensiero, dell'uomo che fa, della legge, dell'ordine, della disciplina, del lavoro e dell'avvenire. Il padre è colui che insegna al bambino, che gli mostra la strada del mondo. (...) L'amore paterno è un amore condizionato. Il suo principio è: io ti amo perché tu soddisfi le mie aspirazioni, perché fai il tuo dovere, perché sei come me. (...) l'amore paterno deve essere meritato, può essere perduto se il figlio non fa quello che il padre si aspetta da lui."


E' un punto che mi lascia piuttosto perplessa.

Inizio la mia riflessione con una domanda: i vostri genitori sono esattamente così?
I miei non ci assomigliano nemmeno!
Penso anche ad una cosa: ma se entrambi i genitori, con uno dei loro atti d'amore, creano una nuova vita, come può uno dei due provare soltanto un "amore condizionato" verso i figli che ha contribuito a concepire?
Da quando in qua l'amore del padre deve essere meritato?!
In questo punto viene descritto un padre duro, autoritario e io direi anche abbastanza crudele.
Perché mai un padre dovrebbe pretendere che i suoi figli facciano sempre esattamente quello che egli ordina e quello che egli dice loro di fare?
Come la prendereste voi se vostro padre vi dicesse: "Ti voglio bene perché hai scelto proprio la facoltà che io ti avevo caldamente invitato a intraprendere."
Davvero mi vuoi bene soprattutto per questo? Non conta assolutamente a nulla quello che sono?

Il padre, anche qui mi permetto di correggerlo, non mostra al bambino la strada del mondo ma lo guida attraverso la strada del mondo, se è un buon padre.
Le madri e anche i padri amano i loro figli anche quando questi ultimi disobbediscono loro o comunque anche quando li deludono.
La delusione fa malissimo, lo so.
Ma non credo sia quella che spezza definitivamente il legame tra genitori e figli.
Senza contare che anche la madre "insegna" al bambino, non è soltanto tutta "tenerezza e comprensione". Entrambi i genitori dovrebbero assumersi la grande responsabilità di entrare in dialogo con i figli per poter trasmettere valori morali utili per il loro futuro.

Per quel che riguarda me, posso brevemente dire che io sono stata resa sensibile, scrupolosa e responsabile da mia madre, mentre sono stata resa forte e autentica da mio padre, anzi, dalla componente maschile della mia famiglia in generale.
Con mia mamma il dialogo e il buon rapporto c'è sempre stato, io ho sempre provato una grande ammirazione e un grande affetto per lei. Non è stata né troppo severa né troppo permissiva.
E' stata soprattutto lei che mi ha insegnato a vivere come se il mondo fosse un luogo da rispettare sempre e da rendere migliore con la mia mitezza e la mia serietà.
Da mio padre ho recepito un messaggio simile, accompagnato però dal saggio consiglio di essere sempre genuina e sincera.
Ammetto che mia madre mi ha dato molti più divieti di mio padre. In famiglia era soprattutto lei l'addetta alle sgridate.
Nel senso che rimproveri come: "Non rispondere così male!", "Non entrare dalla finestra!", "Non essere così rigida!", provenivano soprattutto da lei. 

Guai se non avessi avuto loro nei miei molti momenti difficili!


AMORE FRATERNO:

 "Con questo intendo senso di responsabilità, premure, rispetto, comprensione per il prossimo; esso è caratterizzato dall'assenza di esclusività. (...) Nell'amore fraterno c'è il desiderio di fusione con tutti gli uomini, c'è il bisogno di solidarietà umana. L'amore fraterno si fonda sul principio di unione con i nostri simili. Le differenze di talento, di intelligenza, di comprensione, sono trascurabili in confronto a quello che c'è in comune tra tutti gli uomini. Per sentire questa uguaglianza è necessario penetrare dalla superficie in profondità. Se io percepisco un altro essere in superficie, sento le differenze che ci separano. Se penetro in profondità, percepisco la nostra uguaglianza, ciò che ci rende fratelli. "

Credo sia la forma d'amore verso la quale sono più portata.

A dire il vero, le persone sulla quale sono sicura di poter contare nei momenti del bisogno (genitori compresi) le posso contare sulle mie dieci dita. Sono poche, ma io so di aver costruito con loro dei solidi legami.

Soltanto i rapporti fondati sull'ascolto e sulla solidarietà rendono migliore la nostra umanità.
In questo post non voglio parlare dei fraintendimenti e delle complicazioni che sono inevitabili nei rapporti umani. Ho già ammesso più volte che questi esistono, che fanno male e che talvolta è difficilissimo superarli.
Gli ingredienti dell'amore fraterno sono: la solidarietà, l'ascolto, la pazienza, l'empatia, la condivisione.
Chiaro che è necessaria anche la reciprocità, altrimenti il rapporto è sterile e frustrante.

Secondo me però, il termine "fusione" non è del tutto corretto.
Nell'amore fraterno c'è il desiderio di incontro con gli uomini. L'incontro non è fusione; è apertura della mente e del cuore verso l'alterità.
La fusione è un rischio, dal momento che è concettualmente legata al "confondersi".
La fusione facilmente crea dipendenza dall'altro.

Nell'amore fraterno l'egoismo dev'essere bandito. C'è un passo del Vangelo simile a quello dell'immagine sopra, che dice: "Ama il prossimo tuo come te stesso."
Sarebbe assai riduttivo spiegare questa frase così straordinaria riconducendola alla morale espressa da un rabbino nella Torah: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te."
Il comandamento di Gesù non si esaurisce nel "non fare del male", ma, almeno a mio avviso, nel donare se stessi con gratuità, in ogni tipo di relazione.
Per poter mettere in pratica questa frase, bisogna saper conciliare il rispetto per il proprio carattere e per la propria integrità con il rispetto e la comprensione che si deve avere per gli altri, per chiunque altro.

Sapete che cosa provo per coloro che amo?! L'ho capito bene bene soltanto recentemente. Ma non so se riesco a rendere altrettanto bene l'idea qui.
E' come se loro fossero una parte di me: con le loro qualità e con i loro limiti mi hanno arricchita interiormente.
Quando amo qualcuno, egli diventa parte di me e quando mi delude grandemente, soffro per un bel po'.


L'AMORE PER SE STESSI:


Siamo proprio sicuri che questa espressione sia sinonimo di narcisismo? No!
Un po' l'ho già spiegato sopra.
Possiamo trovare la risposta a questa domanda in un paragrafo del saggio:

"(...) Va sottolineato l'errore che l'amore per gli altri e l'amore per se stessi siano reciprocamente esclusivi. Se è virtù amare i miei vicini come esseri umani, deve essere virtù e non vizio, amare me stesso, poiché anch'io sono un essere umano. Non esiste concetto d'umanità in cui io non sia incluso."

Amare se stessi, ribadisco, non significa fare come il gigante egoista (devo averlo già citato qualche tempo fa, sempre se la demenza giovanile non mi inganna!), ovvero, costruire un muro finalizzato a separare se stessi dagli altri.
Amare se stessi non significa dire: "Prima di tutto io devo pensare a me stesso, io al primo posto."
Ce ne sono di miei coetanei che ragionano così!

Per amare se stessi credo che sia opportuno innanzitutto fare il possibile per proteggere la propria dignità. Non aggiungo altro, perché ho già ampiamente trattato lo squallido problema della pornografia e del cyberbullismo.

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Concludo il post con una citazione tratta da "Bianca come il latte, rossa come il sangue".
Sono le parole della madre di Leo, il protagonista del romanzo.
Parole valide per tutte le forme d'amore: coniugale, genitoriale,  fraterno, religioso...

"Leo, amare è un verbo, non un sostantivo. Non è una cosa stabilita una volta per tutte,  ma si evolve, cresce, sale, scende, si inabissa, come i fiumi nascosti nel cuore della terra, che però non interrompono mai la loro corsa verso il mare. A volte lasciano la terra secca ma sotto, nelle cavità oscure, scorrono, poi a volte risalgono e sgorgano, fecondando tutto."

E carico anche un video dell'omonimo film. E' uno dei dialoghi tra Leo e Beatrice, parecchio profondo.





... Finalmente parto per delle vere e proprie vacanze! ... Arrivederci a settembre!

16 agosto 2017

"Piccolo mondo antico", Fogazzaro:


E' un romanzo storico scritto negli ultimi anni dell'Ottocento. 
Un po' noioso e prolisso e un po' commovente.

AMBIENTAZIONE:

Il racconto è ambientato in Valsolda, luogo situato nell'attuale provincia di Como, sulle sponde del lago di Lugano.

I luoghi del romanzo di Fogazzaro

La Valsolda attuale

La vicenda si sviluppa pochi anni prima dell'Unità di Italia, a metà Ottocento, periodo in cui i patrioti del Regno Lombardo-Veneto progettavano la ribellione contro il dominio austriaco.
I protagonisti del romanzo sono Franco Maironi, nobile e idealista e Luisa Rigey, popolana dotata soprattutto di concretezza e di un grande amore per la giustizia.

INCIPIT A CONFRONTO:

A) "Soffiava sul lago una breva (=brezza) fredda, infuriata di voler cacciare le nubi grigie, pesanti sui cocuzzoli scuri delle montagne. Infatti, quando i Pasotti, scendendo da Albogasio Superiore, arrivarono a Casarico, non pioveva ancora. Le onde stramazzavano tuonando sulla riva, sconquassavan le barche incatenate, mostravan qua e là, sino all'opposta sponda austera del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma, una stanchezza della breva; e dietro al cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia."

(A. Fogazzaro, prime righe di "Piccolo mondo antico")

B) "Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi ad un tratto, a restringersi e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione e segni il punto in cui il lago cessa e l'Adda ricomincia, per ripigliar poi il nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e nuovi seni (...)"

(A. Manzoni, inizio de: "I Promessi Sposi")

Vorrei metterli a confronto dal momento che presentano alcuni elementi in comune e alcune differenze.
In entrambi i brani l'ambiente è descritto in modo molto dettagliato.
Però, mentre in Manzoni l'aspetto poetico si intreccia con dettagliate indicazioni topografiche, in Fogazzaro vengono messe in risalto prima di tutto le condizioni metereologiche.
E' comunque bene precisare che anche l'incipit di Fogazzaro non è affatto privo di poesia: alcune parole e frasi come "soffiava sul lago una breva fredda, infuriata di voler cacciare le nubi grigie"
rimandano ad un'espressione pascoliana presente nel componimento "l'assiuolo" e relativa al brutto tempo: "venivano soffi di lampi/da un nero di nubi laggiù", mentre altre come "le onde stramazzavano tuonando sulla riva (...)mostravan qua e là (...) un lingueggiar di spume bianche" ricordano uno dei primi versi di "San Martino" di Carducci: "e sotto il maestrale/ urla e biancheggia il mare", dove "biancheggia" è riferito alla spuma delle onde che si increspano.
Tuttavia, in entrambi gli incipit compaiono nomi propri di località, di fiumi e di monti che conferiscono realismo agli eventi rappresentati.
Notate bene però che Manzoni inserisce moltissime e precise indicazioni geografiche in un periodo lunghissimo e articolato, in Fogazzaro invece prevale la coordinazione.
Infine, mentre in Manzoni l'elemento umano del primo capitolo, cioè Don Abbondio, compare alcune pagine dopo, in Fogazzaro l'elemento umano è inserito subito, a metà della seconda riga, ed è costituito dai signori Pasotti, che durante il racconto fungeranno da intermediari nel travagliato e conflittuale rapporto tra Franco e la nonna, la marchesa Maironi.

Il rapporto tra Franco e la nonna è decisamente ostile soprattutto per il fatto che quest'ultima non accetta il fidanzamento del nipote con Luisa, a causa delle umili origini della ragazza.
Poco dopo il matrimonio dei due giovani, Franco viene diseredato dalla nonna.
Vale a dire che la marchesa non gli lascia nulla in eredità nel testamento.


LA MARCHESA MAIRONI  VS  TERESA:

Bisogna precisare che la marchesa Maironi è una donna insensibile, altezzosa, dotata di una mentalità egoistica e decisamente ipocrita.

" (...) «Questi sono i conti che dovete fare con me.» - proseguì la marchesa.- «Poi ci sarebbero quelli da fare con Dio.» « (...) Perché » - continuò la vecchia formidabile- « se si è cristiani si ha il dovere di obbedire a padre e madre e io rappresento vostro padre e vostra madre. »

E qui si allude all'intenzione di Franco di sposare Luisa.
Se si è cristiani si ha il dovere di rispettare e di accettare le scelte altrui, non di imporre il proprio volere. La vecchia, nelle sue assurde e illogiche farneticazioni, si fa forte del nome di Dio per sottomettere il nipote, ma invano.

Teresa, la madre di Luisa,  nutre una fortissima fede in Dio e nel mondo ultraterreno, al contrario della figlia.
Peccato che Teresa muoia pochi giorni dopo il matrimonio della figlia a causa di una malattia.
La sua unica preoccupazione è che Franco faccia maturare sua figlia nella fede.

"(...) temo che la mia Luisa, in fondo, abbia le tendenze del suo papà. Me le nasconde ma capisco che le ha. Te la raccomando, studiala, consigliala, ha un gran talento e un gran cuore. Se io non ho saputo far bene con lei, tu fa meglio, sei un buon cristiano, guarda che lo sia anche lei, proprio di cuore; promettimelo Franco."

 Questo è uno dei passaggi in cui è evidente la mitezza di Teresa, che commuove il lettore per l'apprezzabile e buona intenzione di informare il giovane sugli aspetti spirituali della sua compagna di vita.


LUISA VS FRANCO:

Ora riporto qui sotto un passaggio che, oltre a riferirsi alla già avvenuta morte della signora, delinea bene alcune caratteristiche di Luisa.

"Per lei la mamma era tutta lì su quel lettuccio, tra i fiori. Non pensava che una parte di lei fosse altrove, non la cercava per la finestra di ponente nelle stelline che tremolavano sopra i monti di Carona. Pensava soltanto che la mamma cara, vissuta da tanti anni per lei sola, non d'altro sollecita in terra che della felicità sua, dormirebbe fra poche ore e per sempre sotto i grandi noci di Looch, nella solitudine ombrosa dove tace il piccolo cimitero di Castello, mentre ella si godrebbe la vita, il sole, l'amore."

Franco e Luisa
Nell'italiano corrente il verbo adeguato al contesto sarebbe "avrebbe dormito", ma tenete presente che nel secondo Ottocento il cosiddetto "futuro nel passato" si indicava molto spesso con il condizionale presente.
Luisa non riesce a credere nell'aldilà.
Anzi, a dire il vero, fa fatica proprio a concepire l'idea di Dio.
E' una persona molto razionale, molto concreta e molto onesta; ma di fede assai fragile.
Frequenta la chiesa soprattutto per tradizione e per abitudine, più che per vero interesse o per impegno di fede.

Sempre a proposito di questo passo, Sandro Galli, un critico letterario che ha commentato in alcuni punti l'edizione che ho appena terminato di leggere, dice:

"Manca a Luisa la percezione totale dell'amore: essa lo sente nella sua fisicità più che nella sua spiritualità: un amore che esige la presenza sensibile della persona amata e non si rassegna alla trascendenza religiosa. Luisa appartiene psicologicamente alla mentalità del Positivismo, Franco invece è un romantico."

Ho "rispolverato" un po' del programma di quinta liceo: il positivismo, movimento culturale sorto in Francia nella seconda metà del XIX° secolo, riponeva molta fiducia nella scienza e nel progresso industriale e si prefiggeva inoltre di applicare il metodo scientifico a tutti gli ambiti della conoscenza umana.
Ricordo che il maggior esponente del Positivismo in filosofia era August Comte.

Il romanticismo invece ha avuto origine nel primo Ottocento in Germania.
Riflettete bene sul termine "romantico". Attualmente, lo si utilizza solitamente per indicare una persona dolcissima in amore, sentimentale e un po' malinconica. Oppure, a volte si dice: "E' un romantico" per parlare di qualcuno che è troppo idealista e che vive in un mondo tutto suo.
Ed ora pensate al romanzo epistolare di Goethe "I dolori del giovane Werther".
Bene, quest'opera letteraria è stata un'anticipazione del Romanticismo, una prima reazione al Neoclassicismo, pensiero artistico che esaltava la bellezza dell'Antica Grecia Classica.
Per i Neoclassici l'arte doveva imitare i modelli della Grecia classica, dotati di equilibrio e armonia.
I romantici erano convinti del fatto che l'arte dovesse essere libera da qualsiasi regola precostituita. L'arte è frutto dell'immaginazione, della creatività personale.
E in filosofia, si ritiene che l'essere umano tenda alla ricerca dell'infinito, di un piacere infinito, dal momento che sente dentro di sé una mancanza simile ad un vuoto che lo rende infelice.

Franco non cambia il suo stile di vita dopo il matrimonio, anche se sa bene che le risorse economiche sono limitate perché manca il sostegno della marchesa e perché i due novelli sposi possono contare soltanto sullo stipendio dell'ingegner Rivera, zio di Luisa e uno dei personaggi più positivi del dramma.
Franco trascorre le giornate suonando il pianoforte, componendo poesie e dedicandosi alla coltivazione dei fiori:

"Il giardinetto pensile fu trasformato a immagine e similitudine di Franco. Un'olea fragrans vi diceva in un angolo la potenza delle cose gentili sul caldo e impetuoso spirito del poeta; un cipressino poco accetto a Luisa vi diceva in un altro angolo la sua religiosità, un piccolo parapetto di mattoni a traforo, fra il cipresso e l'olea, con due righe di tufi in testa che contenevano un ridente popolo di verbene, petunie e portulache, accennava alla ingegnosità singolare dell'autore (...)"

Franco è dotato di un animo sensibile, è colto e amante delle varie forme artistiche e anche piuttosto focoso: come diversi a quell'epoca, elogiava i progetti di Cavour, detestava la presenza austriaca in Lombardia e si augurava l'avvento dell'Unità d'Italia.

Nell'agosto del 1852 nasce Maria, la loro amatissima figlia.
Per molte pagine Fogazzaro si dilunga a raccontare la loro serena vita familiare, risultando in alcuni punti piuttosto soporifero e inutilmente prolisso.

L'unica scena di suspense è quando la polizia filo-austriaca perquisisce la loro casa.
Il ritrovamento del fodero di una sciabola appartenente allo zio Piero sarà la causa del licenziamento di quest'ultimo, considerato funzionario infedele all'Austria.
Con il licenziamento dell'ingegner Rivera, Franco si trova costretto a partire per Torino in cerca di un lavoro per poter mantenere moglie e figlia.


MARIA MAIRONI:

La figura della bambina è piuttosto strana a mio avviso.
Non sembra nemmeno umana, sembra una creatura angelica: bellissima, dolcissima e con un'intelligenza già troppo precocemente sviluppata.
A tre anni capisce le situazioni e i drammi come se ne avesse tredici.

Fogazzaro inserisce anche una grossa disgrazia (ci mancava solo quella all'interno del racconto!), che è la morte della bambina.

Ci sono alcuni punti della narrazione che a me danno un po' fastidio, al punto tale che se l'autore fosse ancora in vita gli suggerirei di cambiare il titolo del romanzo da "Piccolo mondo antico" a "Storia di una tragedia preannunciata".

Fogazzaro predice più volte il terribile destino della bambina, togliendo la "sorpresa" al lettore, soprattutto qui:

"Ella salì sopra una sedia, disse le poche orazioni che sapeva e poi si atteggiò come vedeva atteggiarsi in chiesa le più devote del paese, si mise a muover le labbra com'esse, a dire una preghiera senza parole. Colui che allora l'avesse veduta conoscendo il terribile segreto dell'ora imminente avrebbe pensato che l'angelo della bambina fosse in quel momento supremo accanto a lei e le sussurrasse di pregare per qualche altra cosa che i vigneti e gli uliveti della Valsolda, per qualche altra cosa a lei più vicina, ch'egli non diceva, ch'ella non sapeva e non poteva mettere in parole: avrebbe pensato che negl'inarticolati bisbigli di lei vi fosse un riposto senso tenero e tragico, il docile abbandono di un'anima dolce ai consigli dell'angelo suo, al voler misterioso di Dio."

Un'altra cosa: la bambina parla un po' troppo spesso del Paradiso. Aspetto insolito per una che è così piccola.

In un pomeriggio di fine settembre Maria annega nel lago. La disgrazia avviene quando nessuno dei due genitori è in casa: Franco è lontano in Piemonte e Luisa si è recata a Cressogno per rimproverare la marchesa del suo egoismo.

Franco e Luisa reagiscono in modi molto diversi al terribile dolore di una perdita così grave e improvvisa: Franco piange moltissimo ma, grazie alla sua sincera fede in Dio, si convince che sua figlia sia passata a vita migliore.

Luisa invece non accetta la morte della bambina e impazzisce completamente. Non versa neanche una lacrima, si reca al cimitero almeno tre volte al giorno, smette di frequentare la chiesa e quasi ogni sera va a casa del professor Gilardoni, l'unico amico che ha, per farsi sottoporre a delle sedute spiritiche in modo tale da rievocare lo spirito della bambina.
E' solo a causa di queste frequenti sedute che riesce a respingere il pensiero del suicidio.

Ognuno di noi reagisce al dolore in modo diverso e certe perdite possono addirittura influire sul temperamento e/o sulla concezione della Fede cristiana.

FINALE:

Credo che gli ultimi due capitoli siano quelli scritti meglio di tutti gli altri.
Ci si potrebbe fare un'opera lirica solo sull'ultima parte, una rappresentazione teatrale con un sottofondo orchestrale di musiche un po' malinconiche e un po' di carattere marziale.
Alla vigilia della partenza di Franco per la Seconda guerra di Indipendenza, i due coniugi si incontrano di nuovo dopo essere stati lontani per quattro anni.
Il cuore di Luisa, che era diventato quasi del tutto indifferente al marito dopo la morte di Maria, si scioglie.
Entrambi, nonostante la vita sia stata profondamente ingiusta con loro, nonostante la povertà, la perdita della figlia e la lontananza per lungo tempo l'uno dall'altro, capiscono di amarsi ancora.

Il romanzo si chiude con la straordinaria intuizione di Luisa (intuizione che solo le donne possono avere!) che dentro di lei si stia formando una nuova vita, dalla quale e con la quale ripartire.

10 agosto 2017

Ciao, Charlie...


Questo bambino nel corso di questi primi otto mesi dell'anno è diventato un caso mondiale dal momento che la sua gravissima malattia genetica è stata oggetto di discussioni etico-morali e giuridiche.
In questi giorni i genitori di Charlie Gard stanno organizzando il funerale del loro figlio.
E io,  proprio in questi giorni, ho pensato ad un piccolo pensiero da esprimere qui, sotto forma di lettera indirizzata direttamente al piccolo, il quale ormai credo si trovi in un posto stupendo.

Prima di iniziare ci tengo a scrivere un consiglio piuttosto schietto, rivolto a tutti coloro che ora sostengono che Charlie abbia sofferto inutilmente nelle ultime settimane per colpa del Papa e di Trump, i quali supplicavano i medici e il giudice a tenerlo in vita.
Vi consiglio di mangiarvi il cervello, la lingua e le corde vocali. Vergognatevi!
Se la pensate così significa che non avete un minimo di rispetto per il dolore straziante di due trentenni che hanno appena perso per sempre il loro piccolo bambino.
Soprattutto loro hanno lottato per la vita del figlio e hanno iniziato a lottare molto prima che il Papa e il Presidente degli States rendessero esplicita la loro posizione.

"Ciao Charlie.
E' molto probabile che tu ora sia in un posto meraviglioso, pieno di erba verde e di fiori colorati, pieno di angeli vestiti di bianco che cantano dolcemente la gloria di Dio.
Io il Paradiso me lo sono sempre immaginato così, come se fosse un enorme e bellissimo giardino perennemente fiorito e perennemente illuminato dal sole.

Te ne sei andato a soli 11 mesi... Un tempo troppo breve per poter capire che la vita, pur essendo una doppia fregatura, vale la pena di essere vissuta in pieno.
E' così, Charlie.
Le illusioni in cui noi crediamo fermamente nel periodo dell'infanzia, si sgretolano nel pieno dell'adolescenza, per poi costituire, nella prima età adulta, dei ricordi lontani dal sapore un po' agrodolce.

Cerco di spiegarti che cosa intendo per "doppia fregatura", anche se sono quasi sicura che tu in questo momento, mentre io scrivo, mi stai osservando con un tenero sorriso luminoso.
So bene che nessun bambino al mondo, che abbia uno o undici anni, sarebbe in grado di comprendere i miei ragionamenti sull'esistenza. 
Queste cose non le puoi capire prima di viverle; anzi, non le capisci neanche dopo i vent'anni se non hai mai fatto tesoro delle esperienze vissute.

1) La felicità non dura per sempre. 
La vita non è una favola. Nessuno vive per sempre "felice e contento". 
Puoi essere felice il giorno in cui prendi la patente, il giorno della prova orale di maturità, il giorno in cui ti laurei, il giorno in cui ricevi il tuo primo stipendio... ma poi? 
Nella vita ci sono sicuramente dei momenti di grande gioia, ma questi non durano mai troppo a lungo. 
L'esistenza alterna la felicità alla sofferenza, la serenità all'angoscia.
Da bambini capita di fare con grande entusiasmo molti progetti, senza minimamente considerare la possibilità che possano insorgere imprevisti e ostacoli.

2) Amore non è sinonimo di gioia. 
 Amare è sinonimo di rischiare.
L'amore a volte rende paranoici, a volte fa soffrire, soprattutto quando arriva il momento in cui uno apre gli occhi e si accorge di non essere mai stato davvero ricambiato.
Amare non è facile. 
L'amore per familiari e amici lo si deve rinnovare nel tempo, senza mai darlo per scontato.
L'atto di amare richiede impegno, non è soltanto un sentimento romantico un po' astratto che si ferma alle parole.
L'atto di amare ci fa capire che noi, pur essendo protagonisti della nostra esistenza, non bastiamo a noi stessi: abbiamo bisogno di persone che sappiano darci conforto nelle situazioni tristi e difficili e a nostra volta abbiamo bisogno degli altri per esprimere la parte migliore di noi stessi, quella parte che proviene direttamente da valori morali cari a Dio, come la generosità, la pazienza, la sensibilità.

Durante il suo viaggio nella desolata Alaska, il giovane Alex Supertramp, protagonista di "Into the wild", scriveva, con le lacrime agli occhi sul suo diario: "Happiness is real when only shared".
Nella mia lingua madre si traduce così: "la felicità è reale solo se condivisa".
Tu sei morto troppo presto per poter provare la serenità che si prova sia quando ci si sente accolti dagli amici più cari, sia quando ci si sente compresi e benevolmente guidati nelle scelte di vita da genitori e familiari.

Sei morto troppo presto per poter provare l'euforia dei giochi di squadra, la soddisfazione di un voto alto a scuola, l'orgoglio di scoprire un talento personale nel pieno dei propri cambiamenti fisici, come a me è successo con la poesia e la scrittura quando avevo quindici anni.

Maledetto RRM2B!! Era quello il tuo gene difettoso, che ha compromesso le tue funzioni vitali.
Mi dispiace un sacco, Charlie. 
Mi dispiace che tu sia stato affetto da quella bruttissima sindrome, mi dispiace che tu sia stato dipendente dalle macchine per più di otto mesi, mi dispiace che i medici dell'ospedale e i giudici abbiano sempre negato ai tuoi genitori la possibilità di provare una terapia sperimentale, che forse avrebbe potuto migliorare la tua qualità di vita.

Mi dispiace moltissimo, Charlie. 
Spero che la tua morte abbia aiutato gli adulti a ragionare, a pensare, a immalinconirsi; perché fa bene la malinconia di tanto in tanto, aiuta a crescere, rende più ragionevoli e più forti.

Conforta i tuoi genitori da lassù, aiutali a sopravvivere al dolore e a fare progetti che diano frutti significativi, come la Fondazione in tuo onore. (Mamma Connie ci tiene tanto!)

Salutami i miei nonni e Gabriella. Dovrebbero esserci lassù. Dà loro un abbraccio da parte mia.
Ciao, piccolino, buon Paradiso.

                                                                                                                                          Anna 
                                                                                                                                                                "









3 agosto 2017

"Il sole dentro":


Un film molto carino, a mio avviso da far vedere ai ragazzini delle medie per poi far loro scrivere una recensione ricca di riflessioni personali sui temi dell'amicizia, della solidarietà umana, della miseria e della fame nel mondo.
Si tratta di due storie profondamente diverse, una inverosimile e a lieto fine e una realmente accaduta e molto drammatica.
Le due vicende si intrecciano nel corso della proiezione. In questo post io le presenterò separate.
Parto dalla più drammatica.
Lo sfondo delle vicende sono dei luoghi caldi e assolati e, a proposito, questo non sarà un post lunghissimo: c'è un caldo talmente torrido, micidiale e persistente che fa venire il mal di testa.


YAGUINE E FODE':

Nel giugno del 1999 due quattordicenni africani, per l'esattezza originari della Guinea, dopo aver scavalcato la rete di recinzione dell'aeroporto di Conakry, riescono a nascondersi all'interno del carrello di un Airbus 300 diretto a Bruxelles.
Il giorno prima della partenza avevano scritto una lettera indirizzata alle "Eccellenze d'Europa" a nome di tutti i loro connazionali.
 All'aeroporto di Bruxelles la signora Chiara Trevisan, in quel periodo addetta all'ispezione dell'aereo, aveva trovato i cadaveri abbracciati dei due ragazzini e naturalmente anche la loro lettera, scritta in lingua francese.
Ecco il contenuto:

"Alle Loro Eccellenze, i signori membri e responsabili dell'Europa. 
Abbiamo l'onore, il piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi del nostro viaggio e delle sofferenze di noi bambini e giovani dell'Africa.
Ma prima di tutto vi presentiamo i nostri saluti più squisiti, rispettosi. 
Siate il nostro sostegno e il nostro aiuto. Siatelo per noi in Africa, voi ai quali bisogna chiedere soccorso. 
Ve ne supplichiamo per l'amore del vostro bel continente, per il vostro sentimento verso i vostri popoli, le vostre famiglie e soprattutto per l'amore per i vostri figli che voi amate come la vita. 
Signori membri e responsabili dell'Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra gentilezza che noi vi chiediamo aiuto per l'Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente, aiutateci.
Abbiamo dei problemi, i bambini non hanno diritti.
Noi africani, soprattutto noi bambini e giovani africani, vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l'Africa perché progredisca. 
Se vedete che ci sacrifichiamo, rischiamo la vita è perché soffriamo troppo in Africa. 
Noi vogliamo studiare.
Vi chiediamo di aiutarci a studiare per diventare come voi.
Infine vi supplichiamo di scusarci moltissimo di aver osato scrivervi questa lettera in quanto voi siete degli adulti a cui noi dobbiamo molto rispetto.


Scritto da Yaguine e Foidè, due bambini guineiani. "


La signora, profondamente scossa sia dall'accaduto sia dalle parole della lettera, aveva deciso di cooperare con l' UNICEF e di stabilirsi in un villaggio africano in modo tale da poter garantire ai bambini di quella zona il diritto allo studio e ad una vita il più serena possibile.
Con le parole di questa lettera si chiude il film, che alterna le immagini della donna con quelle di Yaguine e Foidè da vivi.

Yaguine e Foidè vivevano a Conakry, la capitale della Guinea, caratterizzata da sovraffollamento, da strade sporche, piene di polvere e piuttosto caotiche.                                                               
Questa è una caratteristica comune tra le città africane le quali, dal momento che hanno tutte attraversato una rapida e precoce fase di urbanizzazione, si ritrovano ad essere pressoché invivibili per le persone che si trasferiscono: il traffico è intenso, le condizioni igieniche sono pessime e quelli che dovrebbero essere edifici e palazzi sono in realtà degli ammassi di baracche.
Negli ultimi anni, soprattutto in paesi come anche il Kenya, un buon numero di contadini provenienti dalle zone rurali, per cercare di migliorare le condizioni di vita, abbandona l’agricoltura per recarsi nelle città. In quel disgraziato continente, il risultato della migrazione campagna-città è purtroppo questo: diffusione di malattie infettive, mortalità infantile altissima e lavoro precario.
Ad ogni modo, la vita di questi due ragazzini prevedeva l’aiuto ai genitori nel lavoro durante il giorno e lo studio collettivo, tutte le sere, in un campo vicino all’aeroporto.                                         
In Guinea il 47% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà e, oggi ancor più che nel ’99, l’economia non dà segni di miglioramenti significativi. Se i ragazzi vogliono studiare, devono inevitabilmente compiere dei sacrifici che di norma richiedono molte energie psico-fisiche e un’ammirevole forza di volontà.



ROCCO E THABO:

Rocco e Thabo sono due simpaticissimi tredicenni vittime della tratta dei baby calciatori, realtà di cui non ero mai stata informata prima di vedere il film.
Se voi lettori non conoscete questo tristissimo e disumano fenomeno che considera i ragazzini come oggetti da acquistare e da buttare, lo capirete fra poche righe, dopo aver letto le frasi limpide e sincere
di un tredicenne che "ci è finito dentro".


Thabo proviene da N'Dula, un villaggio africano oltre il Sahara.
Il ragazzino è stato acquistato da un "mister" italiano e portato in Italia.
All'inizio del film, durante un viaggio in autostrada verso Bari, i due ragazzini raccontano le loro storie all'autista del pullman che li porta a destinazione.
"Thabo, diglielo che quel delinquente si è preso tutti i soldi della tua famiglia e che tuo padre e tua madre hanno fatto i debiti per pagarlo! E ti hanno fatto piangere in un container con dieci prostitute e a momenti morivi di sete!", dice Rocco con voce triste e pochi istanti dopo continua così: "Se sei bravo ti tengono per fare soldi, se non sei bravo ti buttano in mezzo alla strada".
 
Rocco è originario di Bari ed è praticamente un ragazzino senza famiglia: la madre è morta, il padre si è trasferito a Torino con una nuova compagna e il ragazzino subisce violenze fisiche da parte dello zio che lo ha venduto come calciatore.

I due ragazzini, amici per la pelle, decidono di allontanarsi dall'Italia per arrivare a N'Dula, luogo natale di Thabo.
Mi ha molto colpita una frase di Rocco, che penso costituisca uno dei messaggi più importanti della storia: "Casa tua non è dove sei nato, ma dove ti vogliono bene".
Con questa bella verità, il ragazzino decide di imbarcarsi clandestinamente con Thabo su un traghetto.
Dapprima arrivano in Tunisia e da lì raggiungono l’immenso deserto del Sahara, grande come l’Europa (8 milioni di km quadrati).
Non sempre il viaggio nel deserto fila liscio: Thabo e Rocco trovano delle persone disposte ad aiutarli ma assistono, nascosti dietro a una duna, ad un episodio in cui i soldati rubano i pochi averi di chi percorre il deserto per raggiungere il Mediterraneo.

Riescono poi a raggiungere il villaggio di Thabo? Sì.
E, per di più, Chiara Trevisan si preoccupa di entrambi: Thabo si ricongiunge con la famiglia e Rocco si stabilisce in Africa; d'altra parte in Italia non ha nessuno che gli voglia un po' di bene e allo zio violento e cattivo viene negato l'affido.

Concludo con due scene (non distanti l'una dall'altra) e con un breve commento su queste.






Da precisare che la colonna sonora è stupenda!

Padre X, pur essendo un pochino svitato, dice ai due protagonisti di questa vicenda delle cose che non si possono disprezzare. Io le condivido pienamente.
Come quella del primo spezzone: "(...) sono un po' africano come voi ma anche messicano, indiano, cinese... uomo."
Sapete cos'è questo? Un palese e netto rifiuto del razzismo!

Questa parte su YouTube non c'è, ma ve la svelo io.
All'interno della capanna, Padre X ha appeso tutte le foto dei fondatori delle principali fedi religiose al mondo. Poi, sempre all'interno della capanna, afferma: "Chi ha deciso di distinguere il terzo mondo dai paesi sviluppati? I potenti della Terra! Ma il mondo non è uno solo?"

Devo ammettere che questa suddivisione ha sempre dato un po' fastidio anche a me.

Bellissimi gli aquiloni sopra la capanna di Padre X!
Secondo me costituiscono un'ulteriore sottolineatura del tema dell'uguaglianza sostanziale di ogni essere umano.

Siamo diversi l'uno dall'altro per aspetto fisico, caratteristiche della personalità, colore della pelle, fede religiosa, modo di vestire e abitudini di vita.
Però siamo tutti umani con due gambe, due braccia, un viso, un cervello e un cuore.
Le condizioni esistenziali sono identiche per tutti: ignoranza riguardo al futuro, anche quello più prossimo, precarietà dell'esistenza, imprevisti, preoccupazioni, alternanza di gioia e dolore, di angoscia e di pace.