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12 ottobre 2017

La poetica di Archiloco:


Archiloco era un poeta greco vissuto nel VII° secolo a.C.  Ci tenevo a presentarvelo in un post per il fatto che alcuni suoi componimenti presentano dei contenuti interessanti.


LA POESIA CONTEMPORANEA, LA POESIA RINASCIMENTALE E LA POESIA DELLA GRECIA ARCAICA:

Prima di presentare Archiloco e prima ancora di spiegare alcune delle sue liriche, mi piacerebbe soffermarmi sulle differenze che intercorrono tra la lirica greca e il nostro modo di concepire la poesia. Mi sembra molto importante.

Non so quanti di voi abbiano dato un'occhiata ai miei fascicoli di poesie che avevo caricato alcuni mesi fa. Ad ogni modo, le mie liriche hanno più o meno tutte le stesse tematiche: la contemplazione della bellezza della natura e l'idealizzazione dell'amore.
Ho messo per iscritto sentimenti, sensazioni, esperienze di camminate all'aperto.
La poesia che finora ho creato è frutto della mia originalità e del mio modo di essere.
Cioè, in quei versi c'è la parte migliore di me, ovvero, la ragazza dolce, sensibile e fantasiosa. La parte migliore, eh, non i difetti e le fragilità con i quali combatto ogni giorno!
Io, come d'altronde tutti coloro che in questo tempo si apprestano a comporre versi, scrivo poesie che mi vengono dall'anima, traduco in versi le immagini che mi colpiscono e quello che vedo in certi sguardi e in certi occhi che amo o che vorrei amare.
Un grande del Primo Novecento, Giuseppe Ungaretti, letterato al quale io non sono nemmeno lontanamente paragonabile, quando scrive "Veglia", fissa su un foglio di carta gli stati d'animo che, in una fredda e buia trincea, ha provato restando accanto a un compagno morto. Nelle poesie di Ungaretti, come d'altronde anche in quelle di Montale e di Quasimodo, traspaiono appunto il vissuto personale, i sentimenti provati in una certa occasione, gli stati d'animo che talvolta confliggono.
La poesia, da due secoli a questa parte, è quindi individuale, risultato dell'interiorità di un individuo. Tutti la definiamo così.
L'individuo compie un atto creativo per comunicare emozioni al lettore.
Se la nostra concezione degli scritti in versi è questa, lo dobbiamo senza dubbio al romanticismo, movimento culturale sorto agli inizi del XIX secolo, che metteva in risalto anche le personali possibilità creative di pittori, poeti e musicisti.

Ora provate a ritornare alcuni secoli più indietro, al Rinascimento, periodo in cui nelle corti fioriva il fenomeno della committenza. Pittori, poeti e musicisti molto spesso componevano opere finalizzate ad esaltare la grandezza di alcune figure nobiliari di cui erano ospiti. Gli artisti erano tutt'altro che liberi e non creavano per il mero piacere di creare: il loro lavoro doveva esaltare e lodare qualche personaggio aristocratico che assicurava loro una dimora e uno stipendio.

Per quel che riguarda l'ambito musicale, penso a Josquin Desprez, compositore fiammingo al servizio di Ercole I d'Este, che aveva composto una messa in onore del duca Ercole. Poi penso anche a Ludovico Ariosto, al servizio di Ippolito d'Este, che, nei versi iniziali dell'Orlando Furioso, aveva lodato la stirpe degli Estensi.

La poesia lirica, nella Grecia arcaica, è spesso densa di allusioni e vicende individuali. Archiloco rientra in casi come questi.

Con la sua produzione lirica, Archiloco descrive talvolta la sua condizione di soldato mercenario, talvolta invece, protagonisti dei suoi versi sono i valori in cui crede e anche i tormentati sentimenti che prova.
Se, per questo aspetto, la poesia di Archiloco è simile a quella degli ultimi due secoli, dall'altro lato della medaglia dobbiamo però considerare che, mentre i poeti moderni e contemporanei, nel delineare sensazioni, esperienze e immagini, sentono il bisogno di ricorrere a parole che possano risultare "poetiche", evocative e delicate; gli autori lirici della Grecia arcaica utilizzano invece un lessico  simile a quello omerico.
E' però bene precisare anche che non sempre i contenuti si riferiscono al proprio vissuto, ma talvolta narrano episodi attinenti con il mondo dell'epica e della mitologia. Per esempio Saffo, nel frammento 44 (l'ho studiato per l'esame di lingua greca, ma ho fatto un po' di fatica perché ci è giunto mooolto lacunoso) narra le nozze tra Ettore e Andromaca, episodio tratto probabilmente da qualche ciclo epico andato perduto.

Precisazione: Le traduzioni dei seguenti frammenti sono mie.





FRAMMENTI DI ARCHILOCO:

Fr. 5:
 "ἀσπίδι μὲν Σαίων τις ἀγάλλεται, ἣν παρὰ θάμνῳ,
ἔντος ἀμώμητον, κάλλιπον οὐκ ἔθέλων:
αὐτον δ' ἔξεσάωσα. τί μοι μέλει ἀσπὶς ἔκείνη;
ἔρρέτω: ἔξαῦτις κτήσομαι οὐ κακίω."


 "Qualcuno dei Sai si vanta del mio scudo 
che io ho abbandonato controvoglia in un cespuglio.
Che mi importa di quello scudo? Vada in malora!
Ne prenderò uno migliore."







Ecco, per esempio qualcuno che non conosce la letteratura greca potrebbe dire che questa non è poesia, è un semplice pensiero, perché non ci sono termini tali che stimolano l'immaginazione del lettore. "Che emozioni trasmette una poesia del genere?", potreste chiedervi.
(Sapete, sarebbe strabiliante per me sapere se sono abbastanza brava a indovinare i pensieri di alcuni di voi lettori, soprattutto di quella parte di pubblico giovane che ha più o meno la mia età!)
Insomma, qui non c'è nulla che commuove, e sono d'accordo.
La forma e il contenuto non commuovono nessuno che viva nel XXI° secolo. Per uno che vive nel XXI° secolo questa poesia non ha un grande significato. Ma perché bisogna inquadrarla bene in un determinato contesto antico, lontano dal nostro modo di pensare.

I Sai erano una popolazione della Tracia.
Qui però Archiloco risulta originale perché stravolge la mentalità omerica: il guerriero omerico preferisce una morte gloriosa alla fuga. La fuga, per Achille, Patroclo ed Ettore, è una vergogna terribile da sopportare. Abbandonare il campo di battaglia, per i combattenti omerici, era un atto di pura vigliaccheria.
Qui invece il poeta, protagonista della lirica, dichiara esplicitamente di aver abbandonato lo scudo.
Lo scudo che gli impediva di fuggire facilmente durante una sfortunata battaglia. Piuttosto di essere ucciso in battaglia allora, Archiloco preferisce abbandonare l'arma. Ha fatto davvero così?? Non possiamo saperlo, non lo sapremo mai.
Però notate bene che dice: "ne prenderò uno migliore". Quindi non è una totale rinuncia al suo ruolo sociale di soldato.
Forse, questa lirica costituiva un consiglio dato ai propri compagni di battaglia, ovvero, il consiglio di non arrendersi davanti ad una sconfitta e a superare le umiliazioni.

Fr. 1:
"Εἰμὶ δ’ἐγὼ θεράπων μὲν Ἐνυαλίοιο ἄνακτος 
καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος."

 "Io sono servo del signore Enialio
ed esperto nell'amabile dono delle Muse".

 Enialio è un arcaico epiteto di Ares, dio della guerra.
In questi due versi Archiloco si presenta: egli è un guerriero valente in battaglia ma, al contempo, abile nel comporre versi (le Muse hanno ispirato anche Omero).

 Fr. 2:
"ἐν δορὶ μέν μοι μᾶζα μεμαγμένη, ἐν δορὶ δ᾽ οἶνος
      Ἰσμαρικός, πίνω δ᾽ ἐν δορὶ κεκλιμένος."

"Nella lancia per me è la focaccia impastata, nella lancia il vino ismarico.
Bevo dopo essermi sdraiato sulla lancia."

La lancia, uno degli elementi che caratterizzavano i soldati greci che combattevano nei ranghi di una falange, accompagna il poeta nella sua quotidianità. 
La lancia è qui simbolo dell'identità sia individuale che collettiva (il gruppo di soldati, tutti forniti di lancia).

Fr. 19: 
"Οὔ μοι τὰ Γύγεω τοῦ πολυχρύσου μέλει
οὐδ᾽ εἶλέ πώ με ζῆλος οὐδ᾽ ἀγαίομαι
θεῶν ἔργα, μεγάλης δ᾽ οὐκ ἐρέω τυραννίδος·
ἀπόπροθεν γάρ ἐστιν ὀφθαλμῶν ἐμῶν."

"Non mi interessano le ricchezze di Gige ricoperto d'oro,
né davvero mi prende l'invidia, e non ammiro
le imprese degne degli dei, né aspiro ad una grande tirannide:
infatti sono cose lontane dai miei occhi."

Gige era re della Lidia. Era un re che amava le ricchezze e soprattutto, amava tenerle per sé. Archiloco, nei versi successivi al primo, esalta il suo distacco dagli eccessi e dal lusso; propugna sostanzialmente la modestia e la frugalità.

Fr. 191:
"Τοῖος γὰρ φιλότητος ἔρως ὑπὸ καρδίην ἐλυσθείς
      πολλὴν κατ᾽ ἀχλὺν ὀμμάτων ἔχευεν,
κλέψας ἐκ στηθέων ἁπαλὰς φρένας ."


"Tale desiderio d'amore che nel mio cuore è penetrato
versò sui miei occhi molta nebbia,
rubando dal petto l'anima fragile".

Se questo non è amore passionale... 
Questo frammento forse è un po' più vicino alle esperienze di innamoramento delle anime sensibili: il sentimento è molto forte e sincero, ma si soffre... 
Per due motivi sostanzialmente, che non necessariamente coincidono: perché non si è ricambiati o perché non si riesce a trovare l'occasione per incontrarsi.
E' bellissima secondo me l'immagine della nebbia: il desiderio di amare e di essere amati è avvolgente, potente: la nebbia negli occhi (come dicevo io a 10 anni quando ero triste) qui non è malinconia o indice di pianto; è un qualcosa che ottenebra i sensi, che rende desiderosi di innamorarsi perdutamente.

Archiloco aveva scritto anche diversi componimenti su innamoramento e amore.
Non tutti i suoi componimenti sono così...
In alcune poesie infatti, descrive nel dettaglio gli atti sessuali che compie con la ragazza che vuole sposare. Ed è qui che il suo talento scade nella pornografia. Saffo è romantica ed erotica, Archiloco a volte è decisamente pornografico. 
Ho studiato, per l'esame di lingua greca che ho dato all'inizio del 2016, la traduzione del frammento numero 196... e credo di essere arrossita quando sono arrivata con la lettura alla scena di sesso, perché sentivo un gran caldo alle guance. 
E' un po' imbarazzante leggere e vedere cose come questa per me, sono abbastanza timida.

Non ho assolutamente nulla contro il sesso ma non mi è mai piaciuto il fatto che alcune persone ancora oggi lo vantino o comunque diffondano con qualsiasi mezzo un qualcosa che dovrebbe restare privato e intimo per il bene della propria dignità.
Come l'arte figurativa d'altronde, anche la poesia e la letteratura possono diventare sconce e "brutali".




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